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Affitti brevi, contratto scritto da allineare all’online

Nel mercato degli “affitti brevi” – alimentati dalle prenotazioni online tramite i portali come Airbnb e Booking – si è diffusa in Italia l’abitudine di far firmare all’arrivo degli ospiti nell’alloggio un contratto di locazione scritto. Consiste a volte in una schedina di una pagina, più raramente in un lungo e articolato contratto. Si tratta di una prassi che sta facendo emergere problemi di coordinamento tra il documento firmato e il contratto concluso al momento della prenotazione online.

L’abitudine di far firmare un contratto di locazione breve ai turisti al loro arrivo nell’alloggio è tutta italiana e si è diffusa essenzialmente per due motivi.

Innanzitutto per tutelarsi contro un ospite che non se ne va alla scadenza pattuita: in questo caso il locatore host può ricorrere alla procedura di sfratto, fondata sul contratto di locazione.

In secondo luogo per la rilevanza attribuita dalla Polizia municipale ai contratti scritti quando effettuano i controlli negli appartamenti locati. Questo perché la differenza tra gli affitti brevi e l’attività ricettiva è sottile e i funzionari della Polizia municipale considerano spesso dirimente l’esistenza di un contratto di locazione scritto.

La forma scritta è spesso preferita anche perché nelle leggi sulle locazioni abitative (da quella sull’equo canone alla vigente legge 431/98) si richiede che il contratto di locazione possa concludersi solo per iscritto, derogando così al principio della libertà di forma contrattuale che vige nell’ordinamento giuridico italiano. Questo benché l’articolo 53 del Codice del turismo disponga che gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche «sono regolati dalle disposizioni del Codice Civile in materia di locazione» e sembri quindi riabilitare il principio generale della libertà di forma.

Nel mondo degli affitti brevi, quando il turista prenota il suo soggiorno con un click online conclude un contratto che lo lega non solo alla disciplina giuridica imposta dalle condizioni generali del portale utilizzato ma anche al suo locatore. Ipotizzando quindi che i vincoli contrattuali così assunti siano validi (anche in assenza di forma scritta), si pone il problema di come inquadrare, civilisticamente e fiscalmente, il (secondo) contratto di affitto breve firmato dal turista al momento del check in. Si genera infatti sia una sovrapposizione di clausole contrattuali, sia un tema di individuazione del momento in cui l’accordo di affitto breve può essere considerato concluso: aspetto estremamente rilevante specialmente ai fini fiscali. Anche perché, e questo è il problema, in genere questo secondo contratto mal si raccorda (o non si raccorda affatto) con il rapporto giuridico già instaurato online. Né tantomeno ne coordina le singole clausole specificando se siano integrative, modificative o sostitutive di quelle concordate attraverso il portale.

La tematica dell’inquadramento si sviluppa in modi diversi a seconda della risposta che ogni proprietario locatore decide di dare alle questioni sulla forma (scritta o meno) del contratto di locazione breve turistica.

Chi aderisce alla tesi che ritiene che il contratto di locazione per essere valido debba necessariamente essere firmato al check in, disconoscendo validità (per mancato rispetto del requisito della forma scritta) a quanto avvenuto online, si trova poi in difficoltà nell’attribuire un valore giuridico agli atti posti in essere attraverso il portale fino a quel momento, pagamenti in primis.

Per chi afferma invece che il contratto di locazione tra le parti si conclude già attraverso la piattaforma telematica, ma che per dotarsi di strumenti di supporto in caso di giudizio o davanti ai vigili ne fa firmare un secondo, si pone un tema di qualifica di questo secondo contratto, se privo di clausole di coordinamento.

La Cassazione ha chiarito che le modificazioni di carattere qualitativamente accessorio non sono sufficienti a determinare la novazione dell’accordo: in questi casi, sopravviverebbe il rapporto originario. Diversamente, in assenza di vari requisiti tra cui l’animus novandi (la volontà di estinguere il precedente rapporto per crearne uno nuovo), si ritiene che il contratto di locazione originario rimanga in vita, opportunamente modificato. Per evitare di rimanere in balia di complessi temi ermeneutici, per ora, la miglior soluzione pare essere un buon coordinamento dei due rapporti, accuratamente disciplinato.


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