fbpx
TORNA ALLE NEWS

Cedolare secca per affitti commerciali, la guida completa

La legge di Bilancio sottopone i potenziali interessati a una serie di limiti così severi che ben pochi potranno davvero applicare la tassa piatta al 21 per cento.

La cedolare è limitata ai fabbricati accatastati nella categoria «negozi e botteghe» (C/1). Esclusi, quindi, gli uffici (A/10), ma anche i laboratori artigianali (C/3). 

Inoltre, i locali cui si applica la cedolare non devono superare i 600 metri quadrati. Nella superficie, però, non si contano le pertinenze, che pure possono essere locate insieme al negozio (la legge non fissa limiti espliciti, né di numero, né di categoria catastale). Quindi, ad esempio, si potrà tassare al 21% il canone derivante dalla locazione di un negozio di 500 metri quadrati e di un magazzino pertinenziale di 120 metri quadrati. 


I soggetti interessati 


La cedolare secca può essere applicata dai locatori persone fisiche. Sono quindi escluse le società, ma potrebbero rientrarvi gli imprenditori che sfrutteranno la chance prevista dalla legge di Bilancio per “estromettere” dalla sfera aziendale gli immobili e darli in locazione come privati.
La legge non dice nulla sull’inquilino, che quindi potrà anche essere una società.


Il vincolo ai contratti 


Il limite più grande riguarda i contratti, perché si può optare per la nuova imposta solo se la locazione è stata stipulata nel 2019 (e solo a patto che alla data del 15 ottobre 2018 non fosse in corso – tra gli stessi soggetti e per lo stesso immobile – un contratto non scaduto e poi risolto in anticipo). 

Durata minima di 6+6 anni e nessun vincolo al canone

I contratti di locazione a uso diverso dall’abitativo sono disciplinati dalla legge 392 /1978, che – salvo casi particolari – è inderogabile. Locatore e conduttore possono liberamente determinare l’ammontare del canone, il regime di ripartizione delle spese, la forma del contratto (che può anche essere verbale, fino a un canone di 250mila euro), eccetera.


Vincoli, nullità e deroghe 


Sono vincolate – tranne casi particolari – le pattuizioni sulla durata del contratto, sull’aggiornamento del canone (salvo che l’immobile abbia durata superiore a quella minima), sull’ammontare del deposito cauzionale, sull’indennità di avviamento, sulla sublocazione/cessione del contratto, sulla prelazione, e altro: infatti, l’articolo 79, commi 1 e 2, della legge 392/78 dispone che «è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge. Il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge».


Sono consentite deroghe per le locazioni con canone annuo superiore a 250mila euro, purché il contratto sia in forma scritta. Lo stesso articolo 79, terzo comma, stabilisce infatti che «in deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore a 250mila euro, e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere provati per iscritto».


Le parti possono comunque determinare liberamente la cifra del canone. Per l’aggiornamento, l’articolo 32 della legge 392/78 dispone che le variazioni in aumento non possano essere superiori al 75% rispetto a quelle, accertate dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, salvo che la durata minima del contratto superi quella prevista dalla legge.


Durata e recesso 


I contratti di locazione ad uso diverso hanno durata minima di sei anni per immobili adibiti ad attività industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico (agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno e altri organismi di promozione turistica e simili). Se l’immobile è destinato ad attività alberghiere o all’esercizio di attività teatrali, la durata minima non può essere inferiore a nove anni


È però possibile stipulare contratti di durata inferiore, a patto che sia provato il carattere transitorio dell’attività connessa alla locazione. Nel caso particolare della locazione stagionale, il locatore è obbligato ad affittare l’immobile, per la medesima stagione dell’anno successivo, allo stesso conduttore che ne ha fatto richiesta inviando al proprietario una lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. 


È consentito alle parti di inserire nel contratto la possibilità che il conduttore receda in qualsiasi momento dall’accordo. Quest’ultimo è tenuto a comunicare la decisione al locatore con almeno sei mesi d’anticipo, con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. Lo stesso termine si applica se alla base del recesso vi siano gravi motivi. L’articolo 28 della legge sull’equo canone dispone inoltre che i contratti di locazione commerciale e alberghiera una volta scaduti si rinnovano tacitamente rispettivamente di sei e nove anni, a meno che il locatore non comunichi la disdetta, con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza dell’accordo. 


Condizioni per negare il rinnovo 


La legge stabilisce la possibilità per il locatore, alla prima scadenza del contratto, di negare il rinnovo dell’accordo, ma solo se sussistono le condizioni previste dall’articolo 29 della legge 392/78. Ad esempio, se il proprietario dell’immobile decide di adibire il bene ad abitazione propria, del coniuge o dei parenti diretti entro il secondo grado. O ancora, se il proprietario, il coniuge o i parenti diretti entro il secondo grado decidono di destinare l’immobile a una delle attività previste dall’articolo 27 (industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili). Il rinnovo può essere negato se il proprietario sceglie di demolire l’immobile per una ristrutturazione integrale, un completo restauro o «per rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto nell’articolo 12 della legge 426/1971 (…), e ai relativi piani comunali, sempre che le opere da effettuarsi rendano incompatibile la permanenza del conduttore nell’immobile». 


Per immobili adibiti ad albergo, pensione o locanda, anche se ammobiliati, il locatore può negare il rinnovo del contratto nel caso in cui decida di «ricostruire l’immobile, ferma restando la destinazione alberghiera, o di apportare all’immobile, adibito ad albergo o a pensione, notevoli migliorie che ne aumentino la capacità ricettiva o che comportino un passaggio dell’azienda a categoria superiore». O se intenda esercitare personalmente nell’immobile o farvi esercitare dal coniuge o da parenti diretti entro il secondo grado la medesima attività del conduttore.

Ok alla flat tax per i negozi fino a 600 metri quadrati

Cedolare al 21% anche sui contratti di locazione commerciale, ma a precise condizioni e solo per i contratti del 2019. La legge di Bilancio 2019 (145/2018), al comma 59 dell’unico articolo, ha ampliato la sfera di applicazione dell’imposta sostitutiva sulle locazioni, inizialmente riservata ai soli immobili residenziali.


Ambito soggettivo 


Nella disciplina dell’articolo 3, Dlgs 23/2011, l’applicazione della cedolare è limitata alle locazioni da parte di persone fisiche che non agiscono nell’esercizio d’impresa, arti o professioni. Secondo la tradizionale (e mai smentita) interpretazione delle Entrate, la qualifica di soggetto non imprenditore deve sussistere sia per il locatore che per il locatario (circolare 26/E/2011). Ne consegue che i contratti abitativi stipulati, ad esempio, nei riguardi di un istituto di credito, che adibisce l’immobile locato a foresteria per i propri dipendenti, non potrebbero rientrare nel regime. Parte della giurisprudenza di merito, però, dissente (si vedano Ctp Reggio Emilia, sentenza 470/03/14 del 2014, e Ctr Milano, sentenza 754 del 2016). 


La manovra 2019 non prevede condizioni di carattere soggettivo per il conduttore: trattandosi di locazioni commerciali, sarebbe incongruo impedirne la conclusione con soggetti imprenditori. Resta fermo, però, che il locatore non deve agire nell’esercizio d’impresa, poiché anche la nuova disposizione di legge qualifica la cedolare come alternativa all’ordinaria «tassazione del reddito fondiario ai fini Irpef». Dunque, se il locatore agisse in veste d’imprenditore, si avrebbe reddito d’impresa e non fondiario. 


Ambito oggettivo 


Il nuovo campo di applicazione della cedolare è rivolto ai contratti di affitto commerciale che riguardano unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe). Ulteriore requisito: la superficie massima dell’unità immobiliare non deve superare i 600 metri quadrati. Ma in assenza di precisazioni legislative, si ritiene che il riferimento sia alla superficie effettivamente calpestabile, al netto dei muri perimetrali, e non alla superficie catastale (che costituisce un dato convenzionale, valido solo ove espressamente richiamato). Nel limite massimo non sono comprese le pertinenze del fabbricato. Significa che l’estensione complessiva può anche superare i 600 metri quadrati se l’unità principale non eccede tale superficie. 


L’affitto delle pertinenze può beneficiare della cedolare a condizione che sia “congiunto” a quello del fabbricato C/1. Come già chiarito nella circolare 26/E/2011, la condizione sussiste anche se l’affitto delle pertinenze è eseguito con atto separato, purché si tratti delle stesse parti e si menzioni il contratto di locazione principale, evidenziando la natura pertinenziale delle unità con contratto “accessorio”.


Sfera temporale 


La cedolare per i negozi ma vale solo per i contratti stipulati nel 2019. Per evitare c omportamenti elusivi, la norma precisa che l’opzione non è ammessa in presenza di contratto in essere al 15 ottobre 2018, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, «interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale». Si ritiene che la «scadenza naturale» coincida con il termine del periodo di proroga automatica: ad esempio, in caso di contratto 6+6, il dodicesimo anno dalla stipula. 


Regime delle opzioni 


Nulla è detto circa le modalità di esercizio dell’opzione, che pertanto restano quelle ordinarie. In attesa di adeguare la versione online del modello Rli, però, le Entrate hanno precisato che per ora l’opzione per la cedolare solo recandosi agli uffici


La scelta della cedolare al 21%, quindi, può essere effettuata all’atto della sottoscrizione del contratto o in una delle annualità successive. Sarà valida l’opzione manifestata, ad esempio, a partire dal 2020, sempre che l’affitto sia stato siglato nel 2019. In qualunque momento si eserciti la scelta, essa conserva validità fino alla scadenza del contratto. 


È fatta salva la possibilità di abbandonare la cedolare a partire da una qualsiasi delle annualità di contratto. In assenza di deroghe espresse, si ritiene che anche in questo caso l’opzione sia valida purché il locatore rinunci ad applicare aggiornamenti del canone per tutta la sua durata. Di ciò, l’inquilino dev’essere informato con lettera raccomandata. In caso di più comproprietari, l’opzione può essere espressa solo da alcuni di loro, ma la rinuncia agli aggiornamenti del canone dev’essere unanime (circolare 26/E/2011).

F.A.Q.

D Circa due anni fa ho preso in affitto un locale di 300 metri quadri che ho adibito a negozio di calzature, sottoscrivendo un contratto di sei anni rinnovabili per uguale periodo. Devo cambiare città e volevo capire se era possibile sublocare il negozio, trasferendo al nuovo conduttore anche la gestione dell’attività commerciale.  

R Al conduttore che ha sottoscritto un contratto di locazione commerciale è consentito sublocare l’immobile nonché cedere il contratto di locazione senza il consenso del proprietario, a condizione che venga contestualmente ceduta o locata l’azienda. Se ciò non avviene, per procedere il conduttore, salvo diversa pattuizione contenuta nel contratto, avrà bisogno del permesso del locatore. Il conduttore deve comunicare al locatore la cessione/sublocazione con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

D Dovrei sottoscrivere un contratto di locazione della durata di 6+6 anni per un immobile che utilizzerò come rivendita di giornali e souvenir. Ho incontrato il proprietario del locale per definire gli ultimi dettagli e mi ha chiesto di versare una cauzione pari a quattro mensilità, cifra considerevole che giudico eccessiva. Cosa dice a tal proposito la legge?  

R L’articolo 11 della legge 392/78 sull’equo canone – vigente e inderogabile per le locazioni commerciali – stabilisce che il deposito cauzionale che il conduttore deve versare al locatore al momento della sottoscrizione del contratto d’affitto non può essere superiore a tre mensilità del canone. Lo stesso deposito è produttivo di interessi legali che vanno corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno.

D Ho siglato un contratto di locazione commerciale per un immobile su due livelli, inserito in edificio condominiale di 12 piani. Come conduttore, vista anche la durata del contratto (7 anni) ho diritto a partecipare alle assemblee di condominio e votare al pari dei proprietari le delibere relative, ad esempio, alla scelta dell’impresa della pulizia? 

R L’articolo 10 della legge 392/78 stabilisce che il conduttore ha diritto di voto, al posto del proprietario, nelle assemblee di condominio riguardanti le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento dell’aria. Per la scelta dell’impresa di pulizia, così come per le decisioni sugli altri servizi comuni, si ritiene che il conduttore possa prendere parte all’assemblea, ma senza diritto di voto. 

D A sei anni dalla sottoscrizione di un contratto di locazione commerciale 6+6, il proprietario mi ha chiesto di liberare l’immobile in quanto deve destinarlo al figlio, che dovrebbe aprirvi una bottega artigianale. Da allora sono trascorsi otto mesi ma la bottega non ha mai aperto. Posso rivalermi sul proprietario?  

R Il locatore che al termine dei primi sei anni abbia ottenuto la disponibilità dell’immobile, ha 6 mesi di tempo per adibirlo alla destinazione indicata nella disdetta. In caso contrario, se il conduttore lo richiede, deve ripristinare il contratto, salvi i diritti acquistati da terzi in buona fede, e rimborsare le spese di trasloco e degli altri oneri sopportati. Oppure, il locatore è tenuto al risarcimento del danno nei confronti del conduttore in misura non superiore a quarantotto mensilità del canone di locazione percepito prima della risoluzione del contratto, oltre alle indennità di avviamento e suppletiva di cui all’articolo 34 della legge 392/78. Il giudice, oltre a determinare il ripristino o il risarcimento del danno, ordina al locatore il pagamento di una somma da 258,23 a 1.032,91 euro, da devolvere al Comune nel cui territorio è sito l’immobile, a integrazione del fondo sociale previsto dal titolo III della legge citata.

D Tre anni fa ho preso in affitto un locale commerciale che ho adibito a negozio di abbigliamento sportivo. Purtroppo, gli affari non sono andati come speravo andassero e, di comune accordo con il mio socio, abbiamo deciso di cedere l’attività e, di conseguenza, anche il contratto di locazione che prevede altri tre anni d’affitto. Posso procedere senza avvisare il proprietario dell’immobile?  

R L’articolo 36 della legge sull’equo canone prevede che il conduttore possa cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro quest’ultimo qualora il cessionario non adempia alle obbligazioni assunte. 

D Cinque anni fa ho preso in affitto un immobile commerciale che ho adibito, essendo in possesso di regolare licenza, a rivendita di tabacchi. Il proprietario del negozio ha ora deciso di vendere l’immobile e volevo capire se ho diritto a esercitare un diritto di prelazione così da assicurarmi il negozio.  

R Il conduttore ha il diritto di prelazione e deve esercitarlo entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione inviata dal locatore, con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario (ma può essere sufficiente anche la raccomandata con ricevuta di ritorno). Per esercitare la prelazione l’inquilino deve offrire condizioni uguali a quelle comunicategli, via raccomandata con ricevuta di ritorno, da inviare al locatore. Il versamento del prezzo di acquisto va effettuato entro 30 giorni a decorrere dal 60°giorno successivo a quello dell’avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.

D Ho ceduto in affitto un mio immobile per uso commerciale, sottoscrivendo con il conduttore un contratto di 7+7 anni. Visto che la durata dell’accordo supera quella minima, pari a 6 anni, prevista dalla legge sull’equo canone, è possibile aggiornare il canone fino ad arrivare al 100% dell’indice Istat?  

R La legge sull’equo canone prevede che «le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira. Le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all’articolo 27, non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati». Di conseguenza, qualora sia pattuita una durata superiore a quella minima (pari a 6 anni) è possibile che la percentuale di aggiornamento del canone sia superiore al 75% dell’indice Istat.

D Il proprietario dell’immobile commerciale che ho regolarmente preso in affitto undici mesi fa ha chiesto la cessazione del rapporto di locazione, causandomi un danno sia economico che di immagine. Ho diritto a un risarcimento danni? Cosa devo fare per ottenerlo?  

R Il conduttore ha diritto – per le attività industriali, commerciali e artigianali o di interesse turistico, che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e consumatori – a un’indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto, (mentre per le attività alberghiere l’indennità è pari a 21 mensilità). Al conduttore spetta, inoltre, un’ulteriore indennità (18 o 21 mensilità) «qualora l’immobile venga, da chiunque, adibito all’esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente». 

Sei interessato all’articolo? Scrivici e verrai contattato da un nostro Consultant@ Beneggi e Associati | Commercialisti al servizio delle imprese | Meda | Milano

condividi.