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Controllo sul pc, lecito per eliminare un virus

Il dipendente che durante l’orario di lavoro navighi sistematicamente in rete per scopi personali frammenta la giornata lavorativa in modo tale da compromettere significativamente la corretta esecuzione dei propri compiti, ledendo irrimediabilmente il vincolo fiduciario con il datore di lavoro: via libera, dunque, al licenziamento per giusta causa anche se l’azienda ha scoperto il comportamento controllando il pc.

Non può dirsi illegittimo quel controllo che il datore di lavoro si ritrovi costretto a compiere per tutelare il proprio patrimonio in un momento peraltro successivo alla commissione delle condotte del dipendente. In particolare, esorbita dal campo di applicazione delle norme il caso in cui il datore di lavoro ponga in essere verifiche atte ad accertare un comportamento illecito del dipendente, laddove le stesse traggano origine non certo dalla volontà di monitorare l’esecuzione delle mansioni, bensì dal propagarsi all’interno dei sistemi aziendali di un virus informatico.

Al riguardo, viene in rilievo la nozione legale di giusta causa, intesa come «ipotesi in cui il lavoratore sia colpevole di mancanze relative a doveri anche non richiamati in particolare nel contratto, ma che siano così gravi da non consentire la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto». Ebbene, è evidente come l’intenzionale, sistematica e durevole navigazione web a scopi personali sia certamente in grado di ledere in modo definitivo il vincolo fiduciario con il datore di lavoro. Un simile comportamento vale a incidere in modo significativo sulla continuità della messa a disposizione delle energie lavorative cui il dipendente è contrattualmente tenuto, «svilendo simmetricamente la qualità dei compiti eseguiti».


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@ Beneggi e Associati | Commercialisti al servizio delle imprese | Meda | Milano

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