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Cooperative sociali, si ampliano le attività esercitabili per statuto

Diversamente dalla gran parte degli enti non profit, le coop sociali hanno acquisito automaticamente la qualifica di impresa sociale, senza necessità di modifiche, così come automatica è la loro iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese. Tuttavia, anche per questi enti ci sono dei cambiamenti in termini di disciplina, che possono incidere sulle scelte e impongono un’attenta valutazione.


Le cooperative sociali applicano le disposizioni della riforma nel rispetto della loro normativa specifica e in quanto compatibili. Vanno quindi verificati gli aspetti che trovano già una puntuale regolamentazione nell’ordinamento cooperativo – in contrasto o sovrapposizione con le nuove disposizioni – e quando, invece, la riforma si applica alle coop sociali in quanto imprese sociali di diritto.


Per le attività esercitabili sussiste una differenza di fondo tra cooperative di tipo A (gestione di servizi socio-sanitari ed educativi) e B (inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati). 

Per le prime, il Dlgs 112/2017 ha in parte ampliato il raggio d’azione, includendo alcune attività come le prestazioni sanitarie, le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa o la formazione extrascolastica, che se gli enti vorranno esercitare dovranno includere nello statuto. A differenza delle imprese sociali, però, non sono ammesse attività diverse rispetto a quelle statutarie, ma solo strumentali e connesse (come, ad esempio, il servizio di pulizia delle camere in una coop che gestisce una casa di riposo). 

Una coop sociale di tipo B ha invece più flessibilità: ad esempio, un ente che produce/vende ortaggi grazie al lavoro di persone disabili potrebbe svolgere servizi di manutenzione dei campi per conto terzi con modalità diverse da quelle previste per l’attività istituzionale (entro il limite del 30% dei ricavi complessivi). 


Altro aspetto da considerare nell’organizzazione interna riguarda la regolamentazione dei lavoratori e dei volontari. Per i primi, non trova applicazione il rapporto retributivo di uno ad otto previsto per le imprese sociali dall’articolo 13, comma 1, Dlgs 112/2017. A parità di attività e mansioni, quindi, una coop sociale potrebbe ad esempio retribuire un medico specialista anche in misura dieci volte superiore rispetto al lavoratore di fascia più bassa; un’impresa sociale no, con conseguente rischio di perdere in competitività sul mercato.


Per il personale volontario, la normativa delle coop sociali viene integrata, in parte, con le nuove regole. In particolare, sul numero si applica ancora la legge 381/1991, per cui i soci volontari non possono superare la metà del numero complessivo dei soci (mentre nell’impresa sociale i volontari non devono superare i lavoratori). Anche per la loro individuazione si segue la normativa di settore: i volontari andrebbero iscritti in un’apposita sezione del libro soci, senza necessità di un registro dedicato (come richiesto per gli enti del Terzo settore). Quanto a rimborsi e assicurazione, invece, trova applicazione anche il Dlgs 117/2017 e quindi dovrebbe essere consentito il rimborso ai volontari tramite autocertificazione, per importi non superiori a 10 euro giornalieri e 150 mensili; i volontari dovranno poi essere assicurati, sia contro infortuni e malattie sia per la responsabilità civile verso i terzi.


Sul fronte degli adempimenti, due novità. Il bilancio sociale diventa obbligatorio per tutte le coop sociali. Per gli enti che hanno entrate superiori a 100mila euro annui, poi, scatta l’obbligo di pubblicare ogni anno sul proprio sito internet gli eventuali compensi, emolumenti o corrispettivi attribuiti a componenti degli organi sociali, dirigenti e agli associati.

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@ Beneggi e Associati | Commercialisti al servizio delle imprese | Meda | Milano

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