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Corte di Strasburgo, sui luoghi di lavoro sono lecite le telecamere nascoste

La sorveglianza disposta dal datore di lavoro non contrasta con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. 

Per la Grande Camera, le autorità nazionali devono garantire un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco ossia il rispetto della privacy da un lato e, dall’altro lato, l’esigenza datoriale di proteggere i propri beni e assicurare il buon funzionamento dell’attività economica, soprattutto esercitando il proprio potere disciplinare.

La mancata informazione preliminare ai dipendenti sull’installazione di alcune telecamere era giustificata dal sospetto di gravi irregolarità e dalle perdite economiche per il datore di lavoro, circostanze che «possono essere considerate come giustificazioni serie» per una limitazione della privacy. E questo, soprattutto quando c’è il sospetto che si tratti di un’azione concertata tra più dipendenti. Possibile, poi, l’utilizzo dei filmati nel corso del processo quando non si tratta dell’unico elemento di prova.

Il nuovo testo consente al datore di installare impianti audiovisivi e altri strumenti da cui derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, purché questi strumenti siano impiegati solo per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e la loro installazione sia avvenuta previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di accordo, sia stato ottenuto il via libera preventivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro.


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