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Criptovalute, l’inserimento in RW limita i rischi

Una volta creata l’assimilazione delle valute virtuali alle valute estere, l’Agenzia assimila il borsellino elettronico ad un deposito, anche se non bancario, perché il fornitore dei servizi funzionali alla conservazione delle valute virtuali (il wallet provider) non è una banca.
In questo modo trova ingresso la tassazione delle plusvalenze derivante dalla cessione a pronti di valute virtuali nell’ambito dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter del Testo unico il quale considera imponibili le plusvalenze derivanti dalla cessione di valute estere, non solo se cedute a termine, ma anche quando siano «rivenienti da depositi o conti correnti» per i quali la giacenza media superi un controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet).
I portafogli elettronici però non sono depositi così come i wallet provider non sono depositari, ne custodi di valute virtuali.
Il contratto di deposito presuppone la consegna materiale di una cosa mobile con l’obbligo da parte del depositario di custodirla e di riconsegnarla.
Il wallet provider, invece, si limita a fornire uno strumento idoneo a consentire all’utente di conservare e trasferire la propria valuta virtuale, a volte fornendo un servizio di rendicontazione, ma non riceve la valuta in consegna, né assume alcuna responsabilità riguardo alla sua custodia. È difficile sostenere che la valuta ceduta sia riveniente da un deposito.
Un diverso discorso va fatto per i contratti differenziali con sottostante valute virtuali. Questi contratti generano redditi diversi di natura finanziaria tassabili ex articolo 67, comma 1, lettera c-quarter, del Testo unico.
Devono essere indicati nel quadro RW se sono suscettibili di produrre redditi di fonte estera imponibili in Italia.
Per motivi pratici, è meglio che i detentori di valute virtuali le indichino nell’RW.
Infatti, in base all’articolo 1, comma 1 del Dl 167/1990, accade che gli intermediari e i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, che intervengono nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento, nell’ambito dell’attività di conversione di valute virtuali in valute aventi corso forzoso e viceversa trasmettono alle Entrate i dati acquisti nell’ambito degli adempimenti antiriciclaggio.

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