Si amplia la rilevanza penale del delitto di dichiarazione infedele dei redditi e dell’Iva che in futuro potrà quindi scattare più facilmente, nel contempo l’illecito sarà punito più severamente in quanto vengono innalzate le pene edittali. Queste nuove sanzioni ora consentiranno anche l’applicazione degli arresti domiciliari, del divieto di espatrio e delle altre misure coercitive previste dal codice di rito, finora precluse per questo delitto.
La dichiarazione infedele dei redditi o dell’Iva costituisce la fattispecie penale tributaria meno grave tra i reati “dichiarativi”. Essa non è connotata da fraudolenza nel senso che l’evasione non si caratterizza per l’inserimento di documento in tutto o in parte inesistenti né per altri artifizi (operazioni simulate eccetera).
Si tratta in genere della sottrazione a tassazione di elementi attivi oltre una certa soglia e/o della deduzione di costi inesistenti non supportati da fatture o altri documenti, altrimenti si rientrerebbe nel più grave delitto di dichiarazione fraudolenta. Più in dettaglio, risponde di questo reato chiunque (e non solo i titolari di partita Iva o i soggetti tenuti all’istituzione delle scritture contabili) al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
La sanzione per questo delitto è stata innalzata: dalla precedente reclusione da uno a tre anni si è passati all’attuale reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi.
Tutte le modifiche apportate dal decreto legge 124/2019 (nuove soglie e nuove pene) sono peggiorative rispetto al passato e quindi in base al principio del favor rei esse trovano applicazione ai fatti commessi successivamente alla loro entrata in vigore. Ne consegue che per i prossimi anni occorrerà tener presente la seguente distinzione:
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