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Ets, doppio check sull’assistenza domiciliare e ambulatoriale

L’articolo 10, n. 21 del decreto Iva, esenta dall’imposta le prestazioni proprie erogate dalle case di riposo come ricovero, somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, prestazioni curative e prestazioni a esse accessorie. L’esenzione di tali prestazioni assume carattere oggettivo indipendentemente sia dal soggetto erogatore che dalla tipologia di soggetto beneficiario. 


I servizi indicati all’interno dell’articolo 10, n. 27-ter del decreto Iva comprendono una serie di attività a carattere sociale con l’obiettivo di supportare la persona considerata bisognosa di assistenza o sicurezza sociale.


Al fine di esentare da Iva le prestazioni, occorre soddisfare un duplice requisito soggettivo in capo sia ai beneficiari che ai soggetti erogatori: i soggetti destinatari delle prestazioni sono coloro i quali considerati «svantaggiati», mentre – per quanto riguarda i soggetti erogatori – l’esenzione opererà esclusivamente a favore dei soggetti giuridici espressamente indicati all’interno della norma. Così, mentre appare agevole considerare esenti da Iva le prestazioni rese da organismi di diritto pubblico e da istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica, a seguito dell’intervento del Cts al fine di esentare le prestazioni erogate da enti a finalità di assistenza sociale e da Ets occorrerà verificare dapprima se le prestazioni socio-sanitarie rientrano all’interno delle attività di interesse generale degli enti e, contestualmente, accertarsi che le stesse siano svolte in via principale o prevalente e senza scopo di lucro.


Rimangono, pertanto, escluse le cooperative sociali – che godono del regime agevolativo di favore con aliquota pari al 5% – così come i loro consorzi ovvero le società di persone o di capitali. 


Con riferimento alle imprese sociali, si ritiene che le prestazioni dalle stesse erogate siano da assoggettare ad aliquota ordinaria per via della mancata indicazione – all’interno della norma – tra i soggetti giuridici oggettivamente destinatari del beneficio di esenzione. 

L’articolo 13 della direttiva Iva, per prevenire il rischio di distorsione della concorrenza, considera alla stregua di soggetti passivi Iva gli enti pubblici quando il mancato assoggettamento ad Iva delle attività da essi erogate, può determinare fenomeni non trascurabili di concorrenza sleale tra autorità pubbliche e soggetti privati. 


Ciò che si intende evitare, di fatto, è che operazioni di uno stesso tipo, in concorrenza tra loro, siano trattate in maniera diversa, così da garantire la neutralità concorrenziale.


Tale principio potrebbe essere infranto laddove – se mutuato al possibile dualismo che potrebbe generarsi tra le ex Onlus – ora enti non commerciali/enti commerciali/imprese sociali – l’esenzione da Iva dipendesse esclusivamente dalla forma giuridica mediante il quale un ente svolge la propria attività e non anche con riferimento alle finalità socio-assistenziali che gli enti stessi intendono perseguire.


Una eventuale disparità di trattamento Iva di una stessa prestazione erogata da un Ets non commerciale o da parte di un Ets commerciale/Impresa sociale graverebbe non poco, in termini di maggiori costi, pure nei confronti dell’utenza finale, all’atto della scelta della struttura erogatrice di un servizio.

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@ Beneggi e Associati | Commercialisti al servizio delle imprese | Meda | Milano

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