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Fatture inesistenti

Sono sempre più frequenti le contestazioni dell’Amministrazione finanziaria sull’utilizzo in dichiarazione, da parte di imprese, di fatture per operazioni ritenute inesistenti che spesso, ancorché siano realmente avvenute, portano comunque i verificatori a rilevare l’indebita detrazione dell’Iva. Sono interessati al fenomeno i settori più vari: dalle sponsorizzazioni sportive alla commercializzazione dei prodotti più vari.
A fronte di simili rettifiche diventa particolarmente complicato difendersi anche perché, molte volte, l’acquirente ha effettivamente ricevuto i beni o i servizi e li ha regolarmente pagati, per cui mal comprende la contestazione del fisco che, ritenendo le operazioni poste in essere da un soggetto che non poteva eseguirle (soggettivamente fittizie), richiede l’Iva all’acquirente. Queste violazioni comportano peraltro gravi conseguenze sotto il profilo sia fiscale che penale.
Di norma si fa sempre generico riferimento alle false fatturazioni; occorre tuttavia operare un importante distinguo tra operazioni oggettivamente inesistenti rispetto a quelle soggettivamente inesistenti.
Mutuando le definizioni dalla normativa penale tributaria, per fatture oggettivamente inesistenti si intendono quelle riferite ad operazioni in tutto o in parte prive di riscontro nella realtà. Si tratta di documenti che attestano un fatto (cessione di beni o prestazione di servizi) mai avvenuto. L’inesistenza può anche essere parziale, nel qual caso si tratta di sovrafatturazione
Sotto il profilo tributario, il costo è indeducibile (con effetti e sanzioni ai fini delle imposte dirette e dell’Irap) e l’Iva è indetraibile poiché si tratta di transazioni fittizie per le quali, secondo le ordinarie regole di determinazione del reddito, manca il requisito della certezza.
Sul versante penale, la norma punisce con la reclusione da 18 mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva, indichi in una delle dichiarazioni elementi passivi fittizi documentati da false fatture. Ne consegue che il momento consumativo è la presentazione della dichiarazione. A tal fine oltre a quella annuale (Unico e Iva) rilevano anche le altre dichiarazioni: operazioni intracomunitarie, operazioni straordinarie ecc. Sono invece esclusi dalla rilevanza penale i documenti che tecnicamente non sono definiti “dichiarazioni”, stante l’impossibilità di un’estensione analogica della norma incriminatrice: è il caso, ad esempio, della comunicazione delle operazioni intercorse con soggetti aventi sede in paradisi fiscali, delle dichiarazioni di intento degli esportatori abituali che non contengono l’indicazione di elementi passivi, ma soltanto la volontà di acquistare in sospensione di imposta.
Le fatture soggettivamente inesistenti sono, invece, quelle riferite ad operazioni realmente avvenute, ma tra soggetti differenti rispetto a chi risulta indicato nel documento.
Spesso tale contestazione è mossa dall’amministrazione nelle ipotesi in cui il cedente o il prestatore non abbia una struttura idonea per effettuare l’operazione o ancora quando, a seguito di alcune operazioni, i cedenti o i prestatori scompaiono e non adempiono ai principali obblighi fiscali (dichiarazione, versamento ecc.). In queste ipotesi l’acquirente spesso è ignaro delle violazioni commesse dal suo fornitore non potendo conoscere la sua correttezza fiscale. In tali casi, il fisco contesta l’indebita detrazione dell’Iva, poiché il relativo costo è comunque deducibile (purché realmente sostenuto) se inerente all’attività svolta.
Sotto il profilo penale, invece, non rileva se si tratti di fatture soggettivamente o oggettivamente inesistenti, poiché la pena resta in ogni caso la reclusione da 18 mesi a sei anni e solo se tali documenti sono indicati e quindi utilizzati nelle dichiarazioni presentate.
Da evidenziare però che, ai fini penali, nella fatture soggettivamente inesistenti, l’acquirente in genere non ha conseguito alcun beneficio fiscale (avendo detratto esattamente l’Iva che ha pagato) e pertanto occorre provare il suo effettivo coinvolgimento nella frode altrimenti viene meno l’elemento soggettivo del reato.

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