Dal 2019 l’Imu che imprese e professionisti versano sugli immobili strumentali è deducibile dalle imposte sui redditi in misura pari al 40% e non più al 20%.
La legge di Bilancio 2019 (legge 145/2018) interviene, allo scopo, sul testo dell’articolo 14, comma 1, del Dlgs 23/2011, senza modificare né l’integrale deducibilità di tale importo ai fini Irap, né la totale detraibilità della Tasi. Per espressa previsione di legge, l’Imi e l’Imis delle province autonome di Bolzano e Trento seguono lo stesso regime di deducibilità dell’Imu.
Gli immobili interessati dal raddoppio di deducibilità con decorrenza 2019 sono quelli di cui all’articolo 43 Tuir, vale a dire quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte, della professione o dell’impresa (non ad uso promiscuo).
Per le imprese si tratta degli immobili “strumentali per natura” o “per destinazione”, con esclusione, quindi, di quelli “patrimonio” (articolo 90 Tuir) e di quelli “merce”.
Inoltre, poiché la disposizione si riferisce agli “immobili” e non semplicemente ai “fabbricati”, dovrebbero rientrarvi anche le aree strumentali e quelle (non locate) delle società che esercitano l’attività agricola di coltivazione, in mancanza di opzione per la determinazione catastale del reddito. Per tutti questi immobili, l’Imu è una “patrimoniale”, che non sostituisce neppure il reddito fondiario, come accade (a certe condizioni) per gli immobili abitativi. Più discutibile è la deducibilità in capo all’affittuario, qualora sia contrattualmente previsto il riaddebito.
La circolare 10/E/2014 ha precisato che costituisce costo (parzialmente) deducibile l’Imu di competenza, a condizione che l’imposta sia pagata nel periodo d’imposta (principio di “cassa anomala”), per effetto di quanto previsto dall’articolo 99, comma 1, Tuir.
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