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INL, nota sul distacco transnazionale

Il 1° agosto l’Ispettorato nazionale del lavoro ha pubblicato le “linee guida per l’attività ispettiva in materia di distacco transnazionale”.

L’Inl si preoccupa in primo luogo di ribadire il campo di applicazione delle regole. 

Dal punto di vista oggettivo, la normativa presuppone una prestazione di servizi in Italia da parte di un operatore economico stabilito in altro Stato membro. 

Dal punto di vista soggettivo, la normativa si applica agli occupati abitualmente in uno Stato membro che per un periodo limitato (predeterminato o predeterminabile in base a un evento futuro e certo) svolgono il proprio lavoro in altro Paese Ue, naturalmente nell’ambito di una prestazione di servizi. Non sono destinatari della normativa, precisa l’Inl, i lavoratori che non forniscono alcun servizio, ma che ad esempio partecipano a conferenze, riunioni, manifestazioni.

I lavoratori che rientrano nel campo di applicazione della normativa sono soggetti alla legge del Paese di abituale occupazione (nel quale sono versati i contributi), ma beneficiano dell’equiparazione ai lavoratori del Paese ospitante (che gli ispettori sono chiamati a verificare) per quanto concerne alcune materie: limiti massimi di lavoro e minimi di riposo, ferie, minimi salariali (compreso lo straordinario), salute e sicurezza, non discriminazione, condizioni della somministrazione.

Ciò a condizione che il distacco sia genuino. E qui si focalizza l’attività ispettiva. Particolare (e preliminare) rilievo viene dato alla regolarità e completezza della documentazione relativa al rapporto di lavoro del distaccato: comunicazione preventiva, contratto, modello A1 (attestante il versamento dei contributi nel Paese di provenienza), prospetti paga, eventuali comunicazioni obbligatorie. I documenti dovranno essere forniti dal referente del datore di lavoro straniero, obbligatoriamente designato. Ma la verifica non si ferma all’aspetto formale. Gli ispettori dovranno accertare (anche attraverso i canali di cooperazione con le autorità del Paese di origine) che l’impresa straniera eserciti effettivamente attività che non siano solo di gestione del personale, e che i distaccati effettivamente risiedano e lavorino abitualmente nel Paese di origine.

In caso contrario, scattano le sanzioni amministrative e l’imputazione del rapporto di lavoro all’utilizzatore della prestazione. Oltre a ciò, l’ispettorato ipotizza la configurabilità del reato di somministrazione fraudolenta, recentemente reintrodotto dal decreto dignità, qualora al distacco non genuino si accompagni la violazione delle norme nazionali di legge e contratto collettivo, in particolare per quanto concerne l’orario di lavoro e i minimi retributivi.


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