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Iperammortamento, valido in caso di cessione d’azienda

Salvo l’iperammortamento in caso di cessione e conferimento di azienda. Se, nel corso del periodo di fruizione, i beni agevolati vengono ceduti unitamente all’azienda, non scatta il recapture previsto dal decreto dignità per gli investimenti post 14 luglio 2018. Tra le operazioni che fanno scattare la penalizzazione, rientrano, oltre alle delocalizzazioni all’estero, tutte le cessioni a titolo oneroso, anche se nei confronti di cessionari residenti.


Due dei quesiti posti in merito alla disciplina dell’iperammortamento hanno riguardato la disciplina antielusiva introdotta dal decreto dignità (87/2018). Il provvedimento stabilisce che per gli investimenti in beni iperammortizzabili effettuati dopo il 14 luglio 2018, la deduzione deve essere riversata, mediante variazione in aumento nella dichiarazione dei redditi, qualora il bene venga ceduto a titolo oneroso o delocalizzato all’estero nel periodo di fruizione della agevolazione (cioè di durata dell’ammortamento fiscale). Per evitare il recapture, l’impresa deve acquisire, entro la fine dell’esercizio di cessione, un nuovo bene con caratteristiche non inferiori a quelle “Industria 4.0” (allegato A alla legge n. 232/2016), nel qual caso può anche continuare a dedurre le quote maggiorate, nel limite del minore tra il costo originario e quello del nuovo bene acquistato.


Un primo interrogativo riguarda l’esatta individuazione degli eventi che fanno scattare la penalizzazione. In particolare, stante la dichiarata finalità della norma di colpire i trasferimenti dei beni agevolati all’estero, le cessioni a titolo oneroso indicate nella disposizione siano limitate a quelle verso acquirenti non residenti o se invece siano rilevanti anche quelle effettuate in Italia. L’Agenzia, valorizzando il contenuto letterale della disposizione, ha affermato che cessione a titolo oneroso e delocalizzazione all’estero sono fattispecie da valutare distintamente. Conseguentemente, ogni cessione a titolo oneroso di beni agevolati, anche verso imprese italiane, fa scattare il recapture dell’iperammortamento già fruito.


Un secondo quesito ha riguardato le ricadute delle cessioni di beni iperammortizzabili che avvengono, non già singolarmente, bensì nell’ambito di operazioni straordinarie che comportano un trasferimento dell’azienda (o del ramo di azienda) in cui detti beni sono inseriti. Nessun dubbio sussisteva per operazioni di fusione o di scissione (avendo natura successoria), mentre ci si chiedeva quale fosse la sorte di cessioni e conferimenti di azienda. L’Agenzia, con una condivisibile apertura alle istanze delle imprese, ha affermato che, a prescindere dalla natura realizzativa o neutrale dell’operazione, il trasferimento del bene unitamente all’azienda non fa decadere l’impresa cedente dal beneficio. Anzi, la cessionaria (o la conferitaria) del ramo di azienda potrà subentrare nel procedimento di deduzione delle quote di iperammortamento, secondo le regole, i costi e la dinamica temporale originariamente determinati in capo al cedente. In questi casi, dunque, il cedente dovrà comunicare al cessionario la presenza di beni iperammortizzabili in corso di ammortamento, fornendogli adeguata documentazione, compresi gli importi originari, le quote già stanziate e quelle residue. La prosecuzione dell’iperammortamento avverrà in modo del tutto avulso dal processo di ammortamento ordinario, il quale, in caso di operazione realizzativa (cessione di azienda), riparte ex novo sulla base del prezzo di cessione.


Le Entrate non hanno, invece, affrontato un ulteriore dubbio riguardante il recapture dell’iperammortamento in caso di investimenti effettuati mediante locazione finanziaria. Si attende cioè conferma che, se la cessione avviene dopo il riscatto del bene, le quote da riversare siano solo quelle dedotte successivamente a tale atto e non anche quelle in precedenza stanziate sui canoni di leasing.

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