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Iva di gruppo, compensazioni senza l’attestazione dei requisiti

L’articolo 73 del Dpr 633/1972 prevede che in ambito di gruppo, per le compensazioni delle eccedenze con i debiti Iva delle società aderenti, si applichino le stesse regole dei rimborsi: c’è quindi la necessità di una garanzia contestuale alla presentazione della dichiarazione annuale. Tuttavia, le imprese che hanno specifici requisiti patrimoniali (virtuose) sono esonerate ed è sufficiente un’autocertificazione del possesso di tali requisiti.
Negli anni passati (oggetto delle attuali sanzioni delle Entrate) non era chiaro se l’autocertificazione dovesse essere trasmessa all’Agenzia (e in che termini) o soltanto predisposta e consegnata a richiesta. E, infatti, poiché la norma di riferimento era relativa ai rimborsi di imposta, la sua trasmissione era prevista solo in caso di «invio della richiesta di rimborso» cartacea, ma nulla era previsto per l’ipotesi (come nei casi in contestazione) di compensazione nell’ambito del gruppo.
In tutte le ipotesi in cui l’autocertificazione del possesso dei requisiti patrimoniali non è stata presentata contestualmente al modello VR Iva, ma in seguito a specifica richiesta degli uffici, l’agenzia delle Entrate ha irrogato la penalità per l’omesso versamento, pari al 30 per cento.
L’interpretazione degli Uffici è fondata nell’equiparazione della garanzia per il rimborso con l’autocertificazione dei requisiti patrimoniali delle imprese “virtuose”. Poiché la mancata o invalida o insufficiente prestazione della garanzia è paragonata dal legislatore a un irregolare versamento dell’imposta, è applicata la sanzione del 30%, ossia quella prevista per gli omessi versamenti. Tuttavia, tale interpretazione trova un primo limite nella lettura testuale della norma secondo la quale l’alternativa alla garanzia rilasciata da un istituto di credito è costituita dai requisiti patrimoniali e non dall’autocertificazione. In altre parole, è il patrimonio della società che garantisce l’Erario al pari di una garanzia rilasciata da terzi. Tanto è che se una società autocertificasse il falso dichiarando di possedere i requisiti, è inverosimile che la semplice produzione tempestiva dell’autocertificazione possa sostituire la garanzia fideiussoria. E, in caso di inadempimento, l’Erario potrà rivalersi sul patrimonio della società e non sull’autocertificazione.
In secondo luogo, la formalità di tale adempimento è dimostrata da almeno due elementi:
• l’obbligo di presentazione è stato introdotto solo con una circolare;
• l’autocertificazione è un fac-simile già preimpostato nel quale la contribuente interessata deve limitarsi a barrare delle caselle.
 
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@ Beneggi e Associati | Commercialisti al servizio delle imprese | Meda | Milano

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