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Lavoratori autonomi, presunzioni su movimenti bancari

Le informazioni ed i dati richiesti agli operatori finanziari o acquisiti dagli Uffici tramite accessi presso gli enti pubblici o dalla G.d.F., anche su iniziativa propria, possono essere utilizzati ai fini dell’accertamento salvo la prova fornita dal contribuente che da tali elementi non viene generato ulteriore reddito oltre a quello già dichiarato o che non hanno rilevanza reddituale.
Una volta acquisiti i dati relativi alle movimentazioni bancarie, se emergono prelevamenti o versamenti che non risultano dalle scritture contabili, questi possono essere posti a base per rettifiche ed accertamenti.
La catena logica-presuntiva è la seguente: un prelevamento non giustificato rappresenta un costo sostenuto per l’attività produttiva (non contabilizzato) che a sua volta produce un ricavo (non contabilizzato).
Il meccanismo ha lo scopo di far diventare reddito un’operazione bancaria non giustificata; giuridicamente siamo davanti ad un presunzione iuris tantum superabile dal contribuente fornendo la prova contraria.
La questione dell’applicabilità o meno della presunzione ex art. 32, D.P.R. 600/1973 alla categoria dei lavoratori autonomi non ha trovato ancora una sua completa stabilità interpretativa.
Il punto fermo è che sicuramente non è applicabile ai prelevamenti rilevati dalle movimentazioni bancarie.
Per quanto concerne invece i versamenti, la Corte di Cassazione, dopo un paio di pronunce nelle quali ne ha dichiarato l’inapplicabilità, si è poi espressa diversamente affermando il venir meno della presunzione per i soli prelevamenti.
Nell’attesa di un chiarimento definitivo vale la pena ricordare la posizione ragionevolmente assunta dall’Agenzia delle Entrate dove ricorda agli Uffici che, in generale, l’utilizzo delle presunzioni «deve essere attentamente valutato e portare a risultati realistici e coerenti con l’effettiva capacità contributiva del soggetto indagato. Le presunzioni fissate dalla norma a salvaguardia della pretesa erariale devono essere applicate dall’ufficio secondo logiche di proporzionalità e ragionevolezza, avulse da un acritico automatismo».

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