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Legge fallimentare, la transazione fiscale diventa selettiva

La legge di bilancio modifica l’articolo 182-ter della legge fallimentare riscrivendo le regole che sovrintendono al trattamento dei crediti tributari e contributivi nelle procedure di concordato preventivo ed accordo di ristrutturazione dei debiti.
Il restyling operato dal legislatore parte già dalla rubrica dell’articolo dal quale scompare la controversa definizione di transazione fiscale che viene sostituito dalla più neutrale ed asettica espressione «Trattamento dei crediti tributari e contributivi».
«Esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo» con il piano all’articolo 160 si possa proporre il pagamento parziale o anche dilazionato dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori. Scompare, poi, dal dettato normativo il tanto discusso limite, previsto dalla precedente versione dell’articolo 182-ter, per il quale, riguardo all’Iva e alle ritenute operate e non versate, la proposta poteva prevedere esclusivamente la dilazione di pagamento.
Il venire meno della facoltatività della procedura all’articolo 182-ter, ha inoltre determinato nella riscrittura della norma il venir meno degli effetti premiali che il legislatore precedentemente assegnava a coloro che decidevano di avvalersi della transazione fiscale: vale a dire il consolidamento del debito fiscale e l’estinzione dei giudizi tributari in corso per cessata materia del contendere.
Pertanto la nuova norma sembra poter permettere all’imprenditore la possibilità di mantenere in vita i giudizi tributari in corso trattando il credito tributario oggetto di contenzioso al pari degli ulteriori crediti in contestazione.
Tale circostanza apre le porte ad una possibile proposta avente ad oggetto solo parte del debito tributario, vale a dire quella oggetto di una definitiva pretesa da parte dell’erario, lasciando invece aperta la partita in ordine a ciò che al momento dell’apertura del concordato si appalesa essere una mera pretesa dell’amministrazione finanziaria in quanto la sua effettiva debenza è ancora sub judice.
La disposizione contenuta nella legge inoltre ripristina la regola secondo cui l’emissione di una nota di credito Iva e, di conseguenza, l’esercizio del relativo diritto alla detrazione dell’imposta corrispondente alla variazione in diminuzione, possono essere effettuati, qualora il mancato pagamento è dovuto a procedure concorsuali, solo nel momento in cui tali procedure si siano concluse infruttuosamente. Tale momento coinciderebbe, pertanto, per il fallimento, con l’esito del piano di ripartizione finale, se esistente; per il concordato preventivo, con il decreto di omologazione e il rispetto a cura del debitore degli obblighi ivi assunti; per la liquidazione coatta amministrativa, con l’approvazione del piano di riparto; per l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis del Rd 267/1942, dal momento successivo alla certezza della falcidia del credito; infine, sembrerebbe che non sia possibile emettere una nota di variazione in diminuzione per mancato pagamento dovuto ad amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi
Un altro intervento in peius è l’equiparazione tra cessionario/committente in bonis e la procedura concorsuale: in entrambi i casi laddove tale soggetto abbia già registrato l’operazione a credito nel registro all’articolo 25 del Dpr 633/72, dovrà registrare la variazione a debito nei registri delle fatture di vendita ovvero dei corrispettivi. In senso contrario, invece, se fosse rimasto invariato l’articolo 26, comma 5, secondo periodo, l’organo della procedura nel ricevere la nota di accredito non avrebbe dovuto annotarla con il segno meno nel registro degli acquisti, ciò comportando che, mentre il cedente/prestatore avrebbe recuperato l’Iva corrispondente al corrispettivo non riscosso, la procedura non avrebbe dovuto specularmente rendersi debitrice dell’Iva e dell’imposta se ne sarebbe fatta carico l’Erario.

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