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L’utilizzo di fatture false nella responsabilità «231»

Anche al delitto di dichiarazione fraudolenta con utilizzo di false fatture si applicherà la normativa sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e la società andrà incontro alla sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote. Il valore della quota può variare da un minimo di 258 euro a un massimo di 1.549 euro. Il giudice valuta le condizioni economiche e patrimoniali dell’ente onde assicurare l’efficacia della sanzione: l’importo finale della sanzione sarà, dunque, il prodotto dell’importo della singola quota e il numero di quote da applicare, per un ammontare complessivo.

Il delitto citato scatta in tre ipotesi: 1) fatture oggettivamente inesistenti perché riferite ad operazioni del tutto fittizie; 2) sovrafatturazione perché riferite ad operazioni in parte prive di riscontro nella realtà; 3) fatture soggettivamente inesistenti perché riferite ad operazioni in cui l’emittente o il beneficiario dell’operazione risultante dal documento, non è quello reale.

Queste violazioni hanno sempre carattere penale a prescindere dall’importo della fattura in quanto non sono previste soglie di punibilità.

Con l’estensione del sistema punitivo previsto dal Dlgs 231/2001 in futuro, a fronte del medesimo illecito (dichiarazione fraudolenta) si andrà incontro a tre differenti sanzioni (una sorta di tris in idem), di cui due in capo alla società: a) di tipo tributario dal 135% al 270% della maggiore imposta dovuta (articolo 1, comma 3m del Dlgs 471/1997); b) di tipo penale (da responsabilità amministrativa) fino a 500 quote pari a 774.500 euro (articolo 25-quinquiesdecies del Dlgs 231/2001); c) e una penale in capo al rappresentante legale: reclusione da 4 a 8 anni ovvero da 18 mesi a 6 anni in caso di elementi passivi fittizi inferiori a centomila euro (articolo 2 del Dlgs 74/2000).

La nuova sanzione alla società potrà essere prevenuta ove vengano adottate tutte le cautele previste dal Dlgs 231/2001 che, in estrema sintesi, sono rappresentate dall’adozione e l’osservanza di un idoneo modello organizzativo e da un efficace sistema di controllo in ordine alla sua applicazione mediante anche la costituzione di un organismo di vigilanza. 

L’adozione di un serio modello organizzativo potrebbe, in realtà, esplicare effetti positivi sotto il profilo fiscale e sulla responsabilità del rappresentante legale. 

Sotto il profilo fiscale, in presenza di fatture soggettivamente inesistenti, l’amministrazione ritiene indetraibile l’Iva in capo all’acquirente salvo non provi la propria buona fede, e cioè che nonostante l’impiego della dovuta diligenza non avrebbe scoperto l’illecito altrui. Va da sé che un efficace sistema di controlli preventivi sui fornitori previsto dal modello organizzativo e concretamente applicato in azienda potrebbe sicuramente agevolare la prova della buona fede e quindi evitare la violazione fiscale.

Per quanto riguarda invece il rappresentante legale, sinora il sequestro del profitto del reato era eseguito contro la società solo in via diretta (disponibilità bancarie e liquide) e, nel frequente caso di incapienza, nei confronti del rappresentante legale anche per equivalente (aggredendo anche beni mobili e immobili). Con l’applicazione del Dlgs 231/2001 il sequestro per equivalente, e non più solo quello diretto, potrà invece essere eseguito anche nei confronti della società e quindi verosimilmente il patrimonio del rappresentante legale verrà aggredito meno di frequente.


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