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Pace Fiscale

La nuova chiusura delle liti pendenti prevede l’applicazione di percentuali diverse, che variano sia in assenza di sentenze, sia in presenza di pronunce di primo o secondo grado. Rispetto alle precedenti sanatorie, le nuove regole rendono l’operazione particolarmente complicata, con il rischio per i contribuenti di cadere in errore.

Nel calcolare le somme dovute, occorre fare attenzione alla corretta individuazione del valore della lite, che va considerato al netto di annullamenti fatti dall’ufficio, in sede di autotutela o a seguito di concordati o conciliazioni non perfezionati con il pagamento.


Per avvalersi della definizione, è necessario che la lite sia pendente, anche a seguito di rinvio, al 24 ottobre 2018 e che, alla stessa data, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado «sia stato notificato alla controparte», cioè all’ufficio delle Entrate. 


È, inoltre, necessario che, «alla data di presentazione della domanda (…) il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva». Sono ammesse alla definizione anche le liti instaurate mediante ricorsi affetti da vizi di inammissibilità, in quanto proposti oltre i termini di legge, o privi dei requisiti di forma e di contenuto previsti dall’articolo 18 del Dlgs 546/1992, a condizione che entro il 24 ottobre 2018 sia stato notificato all’ufficio il ricorso in primo grado e per le quali, alla data di presentazione della domanda di definizione, non sia intervenuta una pronuncia della Cassazione che ne abbia statuito l’inammissibilità.


Il valore della lite è pari alla somma delle maggiori imposte accertate, al netto di interessi e sanzioni. 


Per i contribuenti che si avvalgono della chiusura della lite pendente, il valore della lite va determinato al netto di eventuali importi annullati in sede di autotutela parziale, di quelli definiti a seguito di conciliazione o mediazione che non abbiano definito per intero la lite, ovvero per i quali si sia formato un giudicato interno sfavorevole all’ufficio. Invero, la parte della controversia sulla quale si è formato il giudicato interno, sfavorevole all’Amministrazione finanziaria, deve considerarsi non più pendente. 


Allo stesso modo, qualora l’ufficio, in esercizio del potere di autotutela, abbia annullato parzialmente l’atto impugnato, deve ritenersi non più pendente la parte del rapporto controverso oggetto di annullamento.


La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 31 maggio 2019.

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