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Pir "lunghi", fisco più leggero

Gli investitori devono considerare due aspetti chiave: il rischio legato all’investimento (che non offre guadagni garantiti) e il costo delle commissioni (che, se molto elevate, erodono tutto il risparmio fiscale).
Precisato questo aspetto, chi sta valutando la sottoscrizione di un Pir farà bene a considerare anche gli ultimi chiarimenti sul fronte fiscale, arrivati con la circolare 3/E delle Entrate.
Uno dei passaggi chiave è quello in cui l’Agenzia ricorda che la norma istitutiva non ha previsto una durata massima dei Pir. Quindi i sottoscrittori possono mantenere l’investimento anche al di là dei cinque anni di holding period, in linea teorica per tutta la vita.
L’affermazione di per sé non sarebbe determinante, ma diventa interessante se combinata con un punto contenuto nelle linee guida del Mef e ripreso dalle Entrate, secondo cui – solo nel caso di investimenti effettuati tramite fondi di investimento (Oicr) o imprese di assicurazione – i rendimenti che non vengono distribuiti e, perciò, si cumulano durante l’investimento, non sono considerati “nuovi” investimenti.
Questo significa che i rendimenti cumulati non devono essere conteggiati ai fini della verifica dei limiti massimi di investimento nel Pir, e cioè 30mila euro per ciascun anno di vigenza del piano e 150mila euro complessivi (valevoli, in generale, per le somme apportate, da considerare al netto degli oneri sostenuti, e per gli strumenti finanziari “conferiti” il cui valore è quello alla data di conferimento).
Il risultato è che – se il Pir avrà una performance positiva – i limiti di investimento potranno essere tanto più ampiamente superati quanto maggiore risulterà la durata del piano e la capitalizzazione dei rendimenti ottenuti dai fondi di investimento o polizze assicurative “Pir compliant” (nel rispetto quindi dei requisiti di investimento fissati dalla normativa sui Pir).
È un aspetto che può diluire l’incidenza delle commissioni d’ingresso (spesso superiori al 5%).
Anche se, è evidente, affinché il meccanismo non crolli come un castello di carte, occorrono comunque rendimenti positivi da capitalizzare.
In alternativa, resta almeno la “portabilità” delle minusvalenze.
Al contrario, i vantaggi fiscali sono vanificati se prima dei cinque anni si verificano, ad esempio:
” la perdita della residenza fiscale in Italia con contestuale trasferimento dei titoli in un deposito estero (o la loro cessione o rimborso durante il quinquennio di sorveglianza);
” la richiesta da parte del titolare del rimborso totale degli strumenti finanziari con revoca contestuale del piano;
” il trasferimento degli strumenti in un rapporto non “Pir compliant” o in un rapporto “diversamente intestato”;
” la cessione o rimborso dei titoli non seguita da un reinvestimento entro 90 giorni da tali eventi.
Con il decesso del titolare, invece, si chiude il Pir ma non scatta la recapture delle imposte non versate sui redditi maturati o realizzati fino alla data del decesso.
Sempre nell’ottica di definire i benefici fiscali, la circolare 3/E prende posizione sulla possibilità (negata) di sottoscrizione del Pir da parte dei minorenni di cui i genitori siano usufruttuari dei beni, in presenza di un piano già sottoscritto dal genitore o di un piano già intestato a uno dei figli. Secondo le Entrate, in sede di costituzione del Pir, l’usufruttuario deve quindi dichiarare all’intermediario di non essere titolare di un altro piano a lui intestato e di non essere già usufruttuario di redditi che beneficiano del regime in esame (si ritiene quindi dei redditi relativi al piano già intestato a uno dei figli). Questo, però, vale solo per il genitore “già intestatario” di un proprio piano, e non anche per l’altro genitore eventualmente non intestatario: di conseguenza, sarebbe utile una conferma espressa del fatto che in tal caso all’altro genitore spetta l’intera agevolazione.

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