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Regime di cassa, gestione mista

Il nuovo regime di cassa interessa le imprese ammesse al regime della contabilità semplificata. Si tratta, cioè, di imprese individuali, snc e sas e quelle a esse equiparate.
Per le associazioni senza fine di lucro e quelle sportive dilettantistiche conviene valutare la convenienza di servirsi del regime agevolato previsto dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398 anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di Bilancio che ha innalzato da 250.000 a 400.000 euro il limite massimo di ricavi conseguiti nell’anno precedente per potervi accedere. Sebbene la norma non li richiami, si ritiene che siano interessati dalle nuove regole anche gli enti non commerciali che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, ma che tuttavia svolgono attività di impresa in forma non prevalente; anche questi soggetti sono coinvolti nel regime di cassa.
Le imprese ammesse al regime di contabilità semplificata sono quelle che esercitano attività commerciali e che, nell’anno precedente, hanno conseguito ricavi di ammontare inferiore a 400.000 euro se svolgono prestazioni di servizi, ovvero di 700.000 euro se hanno per oggetto altre attività.
 Il criterio di cassa, di fatto, riguarda solo le principali operazioni attive e passive dell’impresa (vendite, prestazioni e acquisti di beni e servizi) mentre per le altre poste resta ancora applicabile il criterio della competenza.
Il reddito d’impresa nel regime di cassa è costituito dall’ammontare dei ricavi previsti all’articolo 85 del Tuir e degli altri proventi percepiti nel periodo di imposta, diminuiti delle spese sostenute nel medesimo periodo di imposta. Continuano a rilevarsi per competenza plusvalenze e minusvalenze, sopravvenienze (attive e passive), ammortamenti, costi del personale e oneri di utilità sociale. Per effetto del rinvio che l’articolo 66 del Tuir fa all’articolo 102, anche il leasing rileva per competenza: ne consegue che il maxi-canone iniziale va dedotto lungo la durata del contratto osservando le limitazioni della norma fiscale, e non invece il momento del pagamento.
La competenza, inoltre, si applica anche per i componenti emergenti all’assegnazione dei beni ai soci o dalla destinazione dei medesimi a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
Resta confermato che nel 2017 dovranno essere interamente dedotte le rimanenze finali rilevate al 31 dicembre 2016 senza che l’eventuale perdita che ne deriva possa essere riportata in avanti nei successivi periodi di imposta.
Sono tre i metodi che possono essere adottati.
Il primo metodo, che è la regola generale, è quello basato sulle registrazioni di pagamenti e incassi: questo metodo prevede l’annotazione cronologica in due distinti registri di tutti gli incassi e tutti i pagamenti con le indicazioni previste dal comma 2 del nuovo articolo 18 (importo, generalità del soggetto, estremi documento). Nei medesimi registri, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, devono essere annotati i componenti positivi e negativi di reddito diversi da quelli che generano pagamenti o incassi (per esempio ammortamenti, plusvalenze e minusvalenze).
Il secondo metodo è basato sulla contabilità Iva ed è una scelta del contribuente ma non un’opzione da comunicare alla Agenzia. A differenza del precedente metodo, in questo caso dovranno essere annotati, alla fine del periodo, i mancati incassi e i mancati pagamenti. Devono, inoltre, essere annotate separatamente le operazioni non soggette a registrazione ai fini dell’Iva. 
L’ultimo metodo è quello più semplice e prevede la determinazione del reddito sulla base delle registrazioni fatte nel registro degli acquisti e nel registro delle fatture e dei corrispettivi. Tuttavia questo metodo prevede l’esercizio di un’opzione con vincolo triennale.

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