fbpx
TORNA ALLE NEWS

Terreni, vendite «sotto perizia»

Esaminando la giurisprudenza di questi anni, uno dei problemi che maggiormente ha impegnato le commissioni tributarie riguarda le vendite “sotto perizia” dei terreni.
La crisi di mercato, e il conseguente calo dei valori delle aree, ha accentuato il problema che, nel corso degli anni, l’Agenzia ha provato ad affrontare, senza tuttavia giungere a soluzioni definitive.
L’articolo 7 della legge 488/2001 dispone che, per i terreni (diversamente dalle partecipazioni), il valore rideterminato costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale. Oggi, chi si trova a cedere a un valore inferiore, ha due strade percorribili:
– la prima prevede l’asseverazione tramite una nuova perizia di stima, che riporta il valore aggiornato (e inferiore). In questo caso non va riversata l’imposta, anche se non si possono ottenere rimborsi. Tuttavia, questa soluzione può essere adottata solo quando il legislatore riapre l’opportunità dell’affrancamento di valore, poiché non esiste una norma “a regime”;
– negli altri periodi non resta che affidarsi all’alternativa descritta dalla circolare 1/E/2013. In pratica, si tratta di dare ufficialità, nell’atto di vendita, alla discrepanza esistente tra il maggior valore di perizia (che costituisce valore minimo ai fini delle imposte indirette) e il minor corrispettivo (su cui è calcolata l’eventuale plusvalenza), richiamando il primo ma trasferendo di fatto il bene sulla base del secondo. L’acquirente assolve i tributi indiretti sul valore asseverato, mentre il venditore non deve assoggettare a imposizione alcuna plusvalenza, essendo il corrispettivo minore dell’importo su cui è stata pagata l’imposta sostitutiva del 8 per cento.
Il maggior onere subito dall’acquirente, presumibilmente, inciderà negativamente sul prezzo pattuito. Inoltre, la risoluzione 53/E/2015 ha riconosciuto la regolarità “sostanziale” di due ipotesi piuttosto frequenti:
– quando tra il valore indicato in atto e quello periziato vi è uno scostamento poco significativo;
– quando, pur in presenza di una sensibile differenza tra valore di perizia e corrispettivo dichiarato, il contribuente ha fatto menzione nell’atto dell’intervenuto affrancamento di valore, indipendentemente dal versamento delle maggiori imposte indirette ad opera dell’acquirente (il quale, però, in questo caso dovrebbe essere maggiormente esposto a un probabile accertamento di valore).
La giurisprudenza di merito è prevalentemente orientata a riconoscere validità all’affrancamento anche in caso di cessione a valore inferiore, ritenendo illegittimo il calcolo operato dall’ufficio che determina una plusvalenza calcolata sull’originario costo di acquisto.
A ingenerare contenzioso sono anche altre ipotesi. Tra queste, l’intervenuta asseverazione della perizia sulle aree entro i termini di legge, ma dopo il rogito di cessione e la mancata indicazione in atto dell’esistenza di un pregresso affrancamento di valore. In entrambi i casi la Cassazione ha convalidato le ragioni dei contribuenti e la posizione dell’Agenzia (risoluzione 53/E/2015) si è molto ammorbidita rispetto al passato.

condividi.