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Terzo settore, lo statuto si adegua alla qualificazione dei servizi svolti

Il test di commercialità è fondamentale per capire come collocarsi nell’ambito della riforma e quali sono le modifiche statutarie necessarie per adeguarsi alle nuove disposizioni. In questo senso, la soglia di tolleranza del 5% nello scostamento costi/ricavi costituisce una variabile importante, che andrà a influire sulle valutazioni degli enti. Dalla natura commerciale o meno dell’attività, infatti, dipendono sia il regime fiscale dei ricavi prodotti, sia quello dell’ente nel suo complesso, con conseguenze anche sulla sezione del Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) in cui iscriversi. 


Così, ad esempio, un ente associativo che riceve in gran parte erogazioni liberali di terzi e svolge in prevalenza attività non commerciali, avrà sicuramente convenienza a collocarsi nella sezione «altri enti del Terzo settore» o in quella «associazioni di promozione sociale» (ricorrendone i requisiti), beneficiando dei rispettivi regimi agevolati (articoli 80 e 86 del Cts). Discorso diverso per una fondazione Onlus di grandi dimensioni e con un elevato volume di affari derivante da attività commerciale. Per mantenere la stessa gestione imprenditoriale senza stravolgimenti sotto il profilo fiscale, l’ente potrà optare per l’impresa sociale e accedere alla detassazione degli utili reinvestiti nell’attività di interesse generale prevista dall’articolo 18 del Dlgs 112/2017.


A seconda delle scelte, cambiano le modifiche statutarie da mettere in atto. Sia per gli Ets, sia per le imprese sociali, è necessario individuare nello statuto una o più attività di interesse generale tra quelle elencate all’articolo 5 del Cts e all’articolo 2 del Dlgs 112/2017 e dettagliare in maniera specifica le finalità perseguite. 

E tale modifica, per le associazioni di promozione sociale (Aps), le organizzazioni di volontariato (Odv) e le Onlus potrà essere adottata con le maggioranze previste per l’assemblea ordinaria (sempre che la modifica consista nell’adeguare la formulazione dello statuto, mantenendo il tipo di attività già svolto dall’ente). In aggiunta, si può prevedere l’esercizio di attività diverse ma, in questo caso, la modifica dovrà seguire le normali maggioranze rafforzate se tale facoltà non era già prevista.


Dal tipo di ente, dipende poi la denominazione da utilizzare nello statuto e nei rapporti con i terzi. Gli enti appartenenti a specifiche tipologie (Aps, Odv, enti filantropici, imprese sociali, cooperative sociali e società di mutuo soccorso), dovranno obbligatoriamente utilizzare la denominazione «tipica», a cui si potrà aggiungere la locuzione «Ente del Terzo settore» o l’acronimo «Ets». Questi ultimi, invece, diventano indispensabili per gli enti che si iscrivono nella sezione residuale.


Chi sceglie l’impresa sociale, dovrà fare i conti con le specifiche previsioni del Dlgs 112/2017. Ad esempio, una ex Onlus che intenda assumere la qualifica dovrà inserire nello statuto le previsioni in merito al coinvolgimento dei lavoratori e alla redazione e deposito del bilancio sociale (obbligatorio per le imprese sociali). Inoltre, sarà necessario richiedere l’iscrizione nella sezione imprese sociali del Registro delle imprese, con valenza anche ai fini dell’iscrizione nella rispettiva sezione del Registro unico del terzo settore.

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@ Beneggi e Associati | Commercialisti al servizio delle imprese | Meda | Milano

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