Il sistema del Fisco non intercetta i ravvedimenti fatti dal contribuente. La conseguenza è che, in sede di controllo automatizzato delle dichiarazioni annuali, l’agenzia delle Entrate emette la comunicazione di irregolarità, cosiddetto avviso bonario, con la richiesta di imposte, sanzioni e interessi, perché il sistema non “legge” che i versamenti sono stati regolarizzati a seguito del ravvedimento.
Di norma, a seguito della comunicazione di irregolarità, il contribuente segnala, tramite il servizio telematico Civis, la svista del sistema che non ha tenuto conto del ravvedimento, ma la risposta online del Civis è di rivolgersi direttamente all’ufficio.
Purtroppo, in alcuni casi, vista la difficoltà in cui versano gli uffici, anche per colpa del poco personale disponibile, l’ufficio non ha il tempo di leggere le richieste di annullamento in autotutela presentate. La conseguenza è che, a distanza di qualche anno, l’ufficio emetterà la cartella di pagamento, con la richiesta di somme non dovute.
A questo punto, il contribuente è costretto a presentare il ricorso contro la cartella, o il reclamo mediazione se il valore della lite è di ammontare non superiore a 50mila euro (articolo 17 – bis, decreto legislativo 546/92).
Il contribuente può in sede di ravvedimento dilazionare gli importi a debito, versandoli in modo frazionato, purché siano rispettati i tempi prescritti dall’istituto.
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