L'attività di agriturismo, la guida completa

Continua il boom per il turismo rurale.


Le attività rientranti nella definizione di agriturismo sono le attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio, la degustazione dei prodotti aziendali, inclusa la mescita dei vini e in questo ambito è recente l’introduzione dell’enoturismo. Ricezione e ospitalità comprendono anche la somministrazione di pasti e bevande. Le più recenti operazioni di locazioni brevi, bed and breakfast, case vacanze definito anche turismo rurale, non sono considerate attività agricole sia sotto il profilo fiscale che quello codicistico. Le attività agrituristiche devono essere svolte in rapporto di connessione con l’attività di coltivazione del fondo, della silvicoltura e allevamento di animali. 

Come misurare la prevalenza? Certamente dal confronto del fatturato dell’attività agricola per le attività convenzionali con quello delle attività agrituristiche, ma l’attività agricola potrebbe prevalere anche in assenza di un fatturato superiore. Certe produzioni possono essere a cicli pluriennali: in un anno i prodotti potrebbero essere non venduti e stoccati in magazzino. Ai fini della prevalenza, si ritiene che sia insufficiente che la produzione agricola sia tutta destinata all’attività agrituristica di somministrazione pasti e non vi sia un fatturato anche per prodotti convenzionali (cereali, frutta, animali e altro). Le norme regionali prevedono, ad esempio, che i generi alimentari di produzione propria raggiungano almeno il 40%. Significa che si rende necessaria una notevole mole di lavoro per completare il servizio di ristorazione agrituristica che potrebbe porre in secondo piano l’attività agricola tradizionale. 

L’articolo 2 della legge 96/2006 definisce “agrituristiche” le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali. L’articolo 2, inoltre, contiene un elenco di attività che sono qualificate come agrituristiche quali, ad esempio, la somministrazione di pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, l’organizzazione di degustazioni dei prodotti aziendali, inclusa la mescita di vino, l’ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta dei campeggiatori o l’organizzazione di attività ricreative, escursionistiche o di ippoturismo. Con successive modifiche legislative, poi, il settore si è arricchito con l’enoturismo e lo street food.

L’agriturismo rappresenta un percorso evolutivo dell’attività agricola e non va confuso con altre forme di ospitalità quali locazioni brevi, bed and breakfast o case vacanze.

Per poter avviare una attività agrituristica occorre verificare i limiti previsti dalle singole Regioni mediante appositi regolamenti. Si sono affiancate, infatti, alla disciplina di base le varie leggi regionali che hanno regolamentato più nel dettaglio i requisiti soggettivi e oggettivi necessari per poter svolgere tale attività, e l’iter da seguire per l’ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie per intraprendere l’esercizio di un’attività agrituristica. Le Regioni disciplinano le modalità per il rilascio del certificato di abilitazione all’esercizio dell’attività agrituristica. 

L’imprenditore agricolo deve iscriversi nell’elenco degli operatori agrituristici, tenuto generalmente dalle Province. 

Ottenuto il certificato di abilitazione, per avviare l’esercizio dell’attività, il soggetto deve inviare al Comune, mediante posta elettronica certificata, una apposita richiesta (Scia) a seguito della quale il Comune fa avviare i controlli in materia igienico-sanitaria. 

Per lo svolgimento delle attività agrituristiche possono essere utilizzati gli edifici o parte di essi già esistenti sul fondo, che sono assimilati, ad ogni effetto, ai fabbricati rurali.

Possono essere addetti allo svolgimento dell’attività agrituristica, e sono considerati lavoratori agricoli ai fini previdenziali, assicurativi e fiscali, l’imprenditore agricolo, i suoi familiari di cui all’articolo 230-bis del Codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale.

In ordine all’inquadramento ai fini fiscali, l’articolo 7, comma 2, della legge 96/2006 stabilisce l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, numero 413, il quale prevede un regime fiscale apposito per lo svolgimento dell’attività agrituristica: si tratta di un regime forfettario che si applica a condizione che l’attività agrituristica sia svolta nel rispetto delle autorizzazioni amministrative previste dalle leggi regionali. 

Ai fini Iva, il regime forfettario consiste nell’applicazione di una percentuale di detrazione pari al 50% dell’Iva sulle operazioni attive relative all’agriturismo. Il regime è applicabile a tutti i soggetti che esercitano tale attività, sia in forma individuale, che in qualsiasi forma societaria. 

Ai fini delle imposte sui redditi, la norma prevede la determinazione del reddito imponibile applicando ai ricavi derivanti dall’attività agrituristica un coefficiente di redditività pari al 25%. Si precisa che il coefficiente di redditività può essere applicato soltanto dalle ditte individuali e dalle società di persone (comprese snc e sas), con esclusione, quindi, delle società di capitali ed enti commerciali.

Tale regime, pur essendo quello naturale, non è obbligatorio, per cui si può sempre optare per la determinazione dei redditi e dell’Iva con metodi ordinari; l’opzione va comunicata nella dichiarazione Iva, valida anche ai fini del reddito, vincolante per almeno un triennio.

Il regime di favore non comporta l’esonero dagli obblighi contabili previsti in applicazione delle norme tributarie e civilistiche per lo svolgimento di attività commerciali (contabilità semplificata o ordinaria) ai fini della determinazione del reddito, mentre ai fini Iva vi è l’obbligo della separazione dell’attività in base all’articolo 36, quarto comma, del Dpr 633/72, a meno che entrambe le attività (sia quella agricola che l’agriturismo) siano svolte in regime ordinario.

Le attività di agriturismo sono soggette anche all’imposta regionale sulle attività produttive con aliquota ordinaria del 3,9%. Per quanto riguarda i criteri di determinazione del valore della produzione, le imprese agrituristiche che applicano il regime forfettario seguono le regole delle imprese agricole: considerano, cioè, i componenti positivi e negativi in base alle registrazioni Iva. 

Nel caso di contemporaneo svolgimento dell’attività agricola (che non è soggetta ad Irap) e attività di agriturismo, la determinazione del valore della produzione da escludere dall’imposizione va effettuata sulla base dei dati contabili risultanti dalle rispettive contabilità separate.

Affinché un’attività possa definirsi connessa ai fini fiscali deve rispettare due requisiti:

  • Il primo è verificato quando l’attività connessa è svolta dallo stesso imprenditore agricolo che esercita l’attività “principale”, dunque che coltiva il fondo o il bosco o che alleva gli animali. 
  • Il secondo requisito, cioè quello oggettivo, è verificato quando i prodotti oggetto delle attività provengono “prevalentemente” dall’attività principale. 

In merito al concetto di prevalenza, è possibile procedere al confronto fra i prodotti ottenuti dall’attività agricola principale e i prodotti acquistati dai terzi in termini quantitativi, se si tratta di beni appartenenti alla stessa specie, mentre si deve adottare il criterio del valore in presenza di beni appartenenti a specie diverse.

L’enoturismo può beneficiare della tassazione forfettaria solo se connessa con quella principale. In sostanza, se l’attività è svolta dallo stesso soggetto che svolge l’attività agricola a titolo principale e se è rispettato il requisito della prevalenza, allora trova applicazione il regime speciale. In caso contrario, ossia qualora l’attività sia svolta da un soggetto che non svolge una attività agricola principale oppure, pur svolgendola, questa non risulta prevalente rispetto a quella enoturistica, troveranno applicazione ai fini fiscali le regole ordinarie. Pertanto, in presenza dello scenario finora descritto, va sottolineato che il reddito verrà determinato in base alla differenza di costi e ricavi.

Per l’articolo 3 della legge 96/2006 i locali utilizzati per l’attività agrituristica sono assimilati ai fabbricati rurali, e l’articolo 9, comma 3-bis, del Dl 557/93 considera rurali i fabbricati destinati all’agriturismo. Sotto il profilo dell’imposizione diretta, finché viene esercitata l’attività, tali fabbricati sono esclusi dal reddito, in quanto strumentali all’attività commerciale. Nel momento in cui viene cessata l’attività, qualora l’impresa agrituristica abbia applicato il regime forfetario, non si determinano plusvalenze in virtù del regime medesimo. Si ritiene, invece, che, qualora l’impresa agrituristica abbia dedotto gli ammortamenti avendo applicato il regime ordinario, la plusvalenza sia tassabile in caso di trasferimento della azienda, come pure in presenza di cessazione di attività. Si ricorda che in caso di autoconsumo trova applicazione anche l’Iva se la stessa è stata detratta al momento dell’acquisito o costruzione.

I contributi regionali finalizzati ad interventi di ristrutturazione dei fabbricati rurali, nonché all’acquisto di macchine, attrezzature, impianti, arredi, e simili, utilizzati per l’esercizio dell’attività agrituristica devono essere considerati contributi in conto impianti e, conseguentemente, sono sottoposti alla disciplina fiscale prevista per questi ultimi. I contributi in conto impianti non generano né sopravvenienze attive né ricavi bensì rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono. Non assumono, quindi, più autonoma rilevanza fiscale, ma devono essere ripartiti in base alla vita utile del bene per il quale sono stati concessi. Qualora l’imprenditore agricolo, destinatario del contributo regionale, abbia adottato il regime di determinazione forfettaria del reddito (articolo 5 della legge 413/1991), tale contributo risulta irrilevante per la determinazione del reddito imponibile.

La cottura non è attività che rientra nel reddito agrario, pertanto, nella disciplina dello street food non rientrano i prodotti cotti. Ad esempio, la cessione di un panino con salame vi rientra, ma va considerata esclusa la cessione di un panino con salsiccia. La circolare 44/2004 considera agricola l’attività che prevede un primo processo di trasformazione, mentre la cottura potrebbe essere considerata una seconda fase. Vanno escluse dall’applicazione dell’articolo 56-bis del Tuir le attività di trasformazione non usualmente esercitate nelle attività agricole che intervengono in una fase successiva a quella che ha originato i beni elencati nel decreto ministeriale, atte a trasformare ulteriormente tali beni. Non si tratterebbe di produrre un nuovo bene, ma di presentare con modalità diverse il prodotto trasformato compreso nell’elenco ministeriale.

La legge sul Turismo definisce l’identikit di case e appartamenti per vacanze: si tratta di unità abitative composte da uno o più locali arredati e dotate di servizi igienici e di cucina autonoma che vengono gestite unitariamente in forma imprenditoriale destinate ad essere affittate ai turisti, senza offerta di servizi centralizzati, nel corso di una o più stagioni, con contratti che risultino avere validità non superiore a tre mesi consecutivi e non inferiore a sette giorni. Se l’attività, di cui si traccia il profilo concreto, è svolta in forma imprenditoriale il reddito rientra nel reddito di impresa (apertura partita Iva e tutto quanto è richiesto). I fabbricati rurali adibiti a case vacanze perdono la ruralità in quanto vengono meno i requisiti.

Il bed and breakfast è una struttura extra alberghiera che si differenzia dall’agriturismo per il fatto che non necessita, al fine di essere avviato, dello svolgimento di una attività agricola principale come, invece, accade per l’agriturismo. In sostanza, l’agriturismo potrà essere avviato solo da chi è imprenditore agricolo ed esercita una delle attività di cui all’articolo 2135 del Codice civile, vale a dire coltivazione, silvicoltura, allevamento; il bed and breakfast, invece, può essere avviato da chiunque. Chi interessato ad avviare un’attività deve comunque tenere conto delle disposizioni previste in materia dalle leggi regionali. Ad esempio, la Regione Lombardia prevede lo svolgimento dell’attività di bed and breakfast in non più di quattro camere con un massimo di dodici posti letto, avvalendosi della normale organizzazione familiare, compresa l’eventuale presenza di collaboratori domestici della famiglia. Tale attività genera un reddito diverso (prestazione occasionale di servizi).

Se la costruzione è prevista dalle leggi regionali, la piscina può essere considerata un bene relativo all’attività agrituristica. Per i contribuenti che adottano il regime ordinario si pone il problema della detraibilità dell’Iva e della deducibilità dei costi della costruzione; in tal caso i costi sono inerenti, quindi detraibili, a condizione che la piscina sia in possesso delle caratteristiche richieste dalle leggi regionali e sia, in concreto, utilizzata come bene strumentale all’interno dell’impresa agrituristica. Alle stesse condizioni risulta detraibile l’Iva assolta. Se la piscina è costruita su un terreno relativo all’impresa agrituristica, è possibile procedere all’ammortamento; diversamente, se è costruita su un terreno di terzi, le spese possono essere capitalizzate alla voce “altre immobilizzazioni immateriali”.

L’enoturismo è una attività agricola connessa e può beneficiare del regime forfettario previsto per l’agriturismo. Con il termine «enoturismo» si intendono tutte le attività di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine. La degustazione del vino può essere accompagnata da cibi freddi ma non è prevista la ristorazione che splafonerebbe nell’agriturismo. 

Per poter esercitare queste attività, si deve presentare al Comune di competenza, la segnalazione certificata di inizio attività (Scia). L’esercizio dell’attività richiede il rispetto di norme igienico – sanitarie nonché il rispetto di norme specifiche, contenute nel decreto ministeriale dello scorso marzo 2019. Tra i requisiti da verificare, ad esempio, è richiesta l’apertura settimanale di un minimo di tre giorni, la predisposizione di adeguati strumenti di prenotazione delle visite, l’impiego di personale dotato di adeguate competenze, la presenza di ambienti dedicati e attrezzati, l’utilizzo di calici di vetro o altri materiali idonei a non alternare le proprietà organolettiche del prodotto e altro.

Se l’attività di enoturismo è svolta dal medesimo soggetto che svolge l’attività agricola principale, trovano applicazione le disposizioni fiscali previste dall’articolo 5 della legge 413/1991, ovvero il regime forfettario proprio delle attività di agriturismo. Pertanto, ai fini delle imposte dirette, il reddito imponibile si determina applicando un coefficiente di redditività del 25% all’ammontare dei ricavi conseguiti con l’esercizio dell’attività di enoturismo, al netto della imposta sul valore aggiunto; ai fini Iva, invece, il regime forfettario consiste nell’applicazione di una percentuale di detrazione pari al 50% dell’Iva applicata sulle operazioni attive. Sono, però, previste due eccezioni: il regime ai fini delle imposte dirette non si applica alle società di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 73 del Tuir, ovvero ai soggetti Ires (società di capitali); il regime ai fini dell’Iva si applica solo ai produttori agricoli di cui agli articoli 295 e seguenti della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, ovvero a quei produttori che svolgono l’attività nell’ambito di una azienda agricola.

La legge di Bilancio 2018 ha introdotto anche lo “Street food” prevedendo la possibilità di vendere prodotti agricoli anche manipolati o trasformati, già pronti per il consumo, mediante l’utilizzo di strutture mobili nella disponibilità dell’impresa agricola anche con modalità itinerante su aree pubbliche o private. Restano escluse le attività di servizio assistito che, altrimenti, qualificherebbero le attività come ristorazione o agriturismo. 

Per queste attività si pone il problema di stabilire se rientrino fra quelle connesse e quindi se sono ricomprese nel reddito agrario secondo l’articolo 32 del Dpr 917/1986.

Una prima interpretazione porta a qualificare la vendita diretta, compresa la degustazione ed il consumo diretto dei prodotti agricoli, come cessione di beni e non prestazione di servizi. Ne consegue che tali attività vanno inquadrate nel reddito agrario se i prodotti venduti e consumati sono compresi nell’elenco contenuto nel decreto ministeriale del 13 febbraio 2015. Quando, invece, i prodotti venduti direttamente non sono compresi nell’elenco ministeriale, ma si può ritenere che il processo di produzione rappresenti una prima trasformazione dei prodotti originari agricoli, l’attività rientra nel regime forfetario ex articolo 56-bis del Dpr 917/86 (reddito pari al 15% dei corrispettivi). Attenzione alle attività che comportano la cottura dei cibi (si pensi, ad esempio, alla vendita di un panino con salsiccia); la cottura non è una attività compresa in quelle del Dm delle attività connesse, quindi deve escludersi dal reddito agrario.


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