Sarà possibile l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere per i delitti di omessa presentazione delle dichiarazioni delle imposte sui redditi, Iva e sostituto di imposta. Ciò, in conseguenza dell’aumento delle pene per questo reato che passano da un anno e sei mesi a due anni (nuova pena minima) e da quattro anni a cinque anni (nuova pena massima).
Infatti la custodia cautelare in carcere (articolo 280 del Cpp) può essere, tra l’altro, disposta per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, oltre che, evidentemente, in presenza di determinate circostanze che valuterà il Gip.
Ne consegue che con riferimento ai reati tributari (decreto legislativo 74/2000), la custodia cautelare non può essere adottata per:
- dichiarazione infedele delle imposte sui redditi e Iva (articolo 4), in quanto anche le nuove modifiche prevedono una massima inferiore a i 5 anni (4 anni e 6 mesi);
- omesso versamento ritenute (articolo 10 bis), Iva (articolo 10 ter) e indebite compensazioni di crediti non spettanti (articolo 10 quater);
- sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte per importi inferiori ai 200mila euro.
Occorre ricordare che il delitto di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, dell’Iva e del sostituto di imposta (sanzionato in futuro con la reclusione da due a cinque anni e non più da 18 mesi a quattro anni) per il quale sarà possibile in futuro l’applicazione della custodia cautelare in carcere concerne non solo i cosiddetti evasori totali (soggetti completamente sconosciuti al fisco), ma anche le ipotesi di esterovestizione societaria, stabili organizzazioni non dichiarate in Italia, e trasferimenti fittizi di residenza all’estero di persone fisiche.
Da segnalare infine che gli aumenti di pena previsti per i delitti di omessa presentazione della dichiarazione (redditi, Iva, sostituto di imposta) e di infedele dichiarazione (redditi e Iva) faranno venir meno, per i procedimenti riguardanti questi reati, la citazione diretta a giudizio da parte del Pm.
Sinora per questi illeciti penali – abbastanza diffusi –, essendo prevista una pena massima non superiore a 4 anni, una volta terminate le indagini preliminari, la Procura ove non avesse ritenuto di richiedere l’archiviazione, provvedeva a citare a giudizio (e quindi all’udienza dibattimentale) l’imputato. In futuro invece anche per questi delitti (essendo prevista ora una pena massima superiore a 4 anni) il Pm dovrà richiedere il rinvio a giudizio al Gip, il quale, all’esito di un’udienza preliminare, deciderà se assecondare la richiesta del Pm ovvero disporre il non luogo a procedere.
Da notare che in molti tribunali questa modifica comporterà anche un maggior carico di lavoro per i giudici monocratici “togati” in quanto, in presenza di un rinvio a giudizio da parte del Gup, la fase dibattimentale non può svolgersi innanzi ad un giudice “onorario” a differenza delle ipotesi di citazione diretta a giudizio.
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