Tra i tanti problemi che affliggono gli imprenditori e i professionisti alle prese con la “ripartenza” dopo il lockdown non dovrebbero figurare i timori sulla deducibilità delle spese sostenute (e sulla detraibilità dell’Iva) per rendere negozi, capannoni e uffici in linea con i vari protocolli studiati per l’attuale Fase-2.
Il distanziamento sociale di dipendenti e clienti e le accresciute esigenze di ventilazione e di collegamento a distanza comporteranno nel brevissimo termine una “rimodulazione” degli spazi lavorativi, con oneri anche rilevanti sugli immobili. E sarà spesso l’utilizzatore dei locali a farsene carico: sia perché questi interventi sono necessari alla sua attività professionale o d’impresa, sia perché vanno realizzati con urgenza. Mentre il proprietario – che magari avrà dovuto accettare una dilazione nei pagamenti, se non una riduzione temporanea del canone – potrà mostrarsi restio ad accollarsele.
In passato, l’Agenzia ha spesso contestato la deducibilità da parte del conduttore o del comodatario delle spese connesse agli interventi sull’immobile, criticandole sotto il profilo dell’inerenza e della titolarità giuridica a sostenerle. La Corte di cassazione ha più volte sostenuto come, al di là della distinzione civilistica tra “spese ordinarie” e “straordinarie” e degli obblighi giuridici nascenti dal contratto, il corretto approccio a questa fattispecie deve attribuire rilevanza all’utilità delle spese sostenute, e al loro collegamento con l’attività d’impresa o professionale che viene svolta nei locali oggetto di intervento.
Le spese che gli utilizzatori degli immobili stanno sostenendo in queste settimane per riprendere la propria attività – pur nella contingente necessità di evitare situazione di contagio, applicando regole e protocolli obbligatori – siano strettamente inerenti, collegate direttamente ai ricavi e proventi che, tra mille difficoltà, imprenditori e professionisti stanno cercando di realizzare. Tali oneri, pertanto, si qualificano come pienamente deducibili, così come l’Iva addebitata in fattura risulta detraibile e può, alle condizioni riportate in diverse sentenze della stessa Cassazione, formare oggetto di rimborso.
Ciò non toglie che, per evitare contestazioni, è consigliabile formalizzare per iscritto (con data certa) l’assenso del proprietario agli interventi e l’eventuale deroga alle norme contrattuali e codicistiche sul sostenimento delle spese. Ed è anche opportuno evitare riferimenti a “scambi” tra lavori da realizzare e riduzione di canoni, i quali, fiscalmente, potrebbero essere qualificati come delle vere e proprie permute.
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