Novità anche per chi non deve ristrutturare, ma solo vendere un immobile. Si definiscono infatti quali sono le tolleranze costruttive che non hanno conseguenze sulla commerciabilità dei beni: ora sono applicabili a qualsiasi tipo di conseguenza, anche ai rapporti contrattuali (compravendite, trasferimenti) eliminando possibili contenziosi.
Il nuovo articolo 34-bis del Dpr 380/ 2001 prevede la tollerabilità delle diverse dimensioni (altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta ed «ogni altro parametro delle singole unità») che rimangano entro il limite del 2% rispetto a quanto previsto dal titolo (licenze, autorizzazioni, concessioni, scia).
In aggiunta, si introduce il criterio della tolleranza esecutiva, con riguardo alle irregolarità geometriche (ad esempio, muri obliqui), o la diversa collocazione di impianti e opere interne, e infine la modifica alle finiture eseguite durante i lavori per l’attuazione dei titoli abilitativi. Lo spostamento di un bagno, la realizzazione di un tramezzo, la tipologia della finestra, se non violano la disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudicano l’agibilità dell’immobile, vanno considerate mere irregolarità esecutive, e in conseguenza non generano sanzioni.
L’innovazione non è tanto nella pena pecuniaria (in precedenza spesso forfettaria di mille euro), bensì nella procedura di attestazione dello stato legittimo degli immobili. Si affida infatti a un tecnico abilitato (ingegnere, architetto, geometra, perito) la possibilità di attestare lo «stato legittimo degli immobili», con una dichiarazione che può essere allegata agli atti notarili (trasferimento, costituzione, scioglimento di comunione e di diritti reali).
Si possono mantenere le distanze legittimamente preesistenti (articolo 2-bis), si può ricostruire ciò che è crollato o demolito, se è possibile accertarne la preesistente consistenza (articolo 3) e infine si può ritenere legittima una situazione consolidata che risulti da elementi non strettamente edilizi. In particolare, il nuovo articolo 6, comma 1-bis, definisce lo «stato legittimo dell’immobile», ancorandolo al titolo edilizio originario, oppure a una serie di dati, in particolare per gli immobili realizzati in epoca nella quale non era obbligatorio dotarsi di un titolo edilizio (1967 per le aree esterne ai centri abitati; 1942 per i centri urbani). Secondo l’articolo 6, lo stato legittimo è quello desumibile da informazioni catastali di primo impianto (fine 1800) ovvero da «altri documenti probanti» quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti di archivio ed ogni altro atto pubblico privato di cui si dimostrati la provenienza.
Basta quindi un principio di prova della sussistenza di un titolo abilitativo, anche se non è disponibile il relativo documento. Tutto ciò agevolerà la circolazione dei beni, in particolare quando, fruendo dei vari bonus, vi saranno numerosi edifici realizzati sostituendo precedenti costruzioni. Da un lato infatti è possibile dimostrare la consistenza di un rudere prima di un intervento di ricostruzione, ricorrendo a prove anche indirette (come una descrizione in una divisione testamentaria), dall’altro sarà possibile dimostrare la legittimità di una ricostruzione che, seppur con modifiche, faccia capo a un nucleo edilizio legittimamente iniziato o originariamente assistito da un titolo valido seppur limitato a un’altezza inferiore.