Ancora 18 settimane di cassa Covid-19 per i datori di lavoro che nel periodo 13 luglio–31 dicembre 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica.
Le nuove regole per beneficiare di questo strumento emergenziale sono queste: le prime nove settimane sono libere per tutti i datori, mentre per le seconde nove va versato un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019. Il contributo è pari:
- al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa nel caso di i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al 20%;
- al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.
Il contributo addizionale non è dovuto dai datori che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20% e per coloro che hanno avviato l’attività di imprese successivamente al 1° gennaio 2019. Quindi, possono accedere alla cassa integrazione anche le aziende che non hanno avuto penalizzazioni dall’emergenza sanitaria.
Le complessive 18 settimane devono però essere collocate nel periodo tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020.
Le aziende che non sono riuscite a utilizzare tutte le 18 settimane previste dal precedente decreto Cura italia perdono le settimane residue.
Ai fini dell’accesso alle ulteriori nove settimane condizionate dal fatturato, il datore di lavoro deve presentare all’Inps domanda di concessione nella quale autocertifica la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato. L’Inps autorizza i trattamenti e solo successivamente saranno disposte le verifiche relative alla sussistenza dei requisiti richiesti.
Le domande di accesso ai trattamenti vanno inoltrate all’istituto di previdenza, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto Agosto; dunque, per la cassa avviata a luglio il termine è fissato entro il 30 settembre.
In caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’Inps, il datore di lavoro è tenuto a inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini sono spostati al trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore del Dl Agosto se tale ultima data è più conveniente. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri a essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
Infine, spunta una sanatoria sui termini decadenziali di invio delle domande di accesso ai trattamenti e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi, relativi al primo pacchetto di 18 settimane previste dal decreto Cura Italia: in questo caso, sono fatti salvi gli invii fino alla data di entrata in vigore del decreto Agosto.
I termini d’invio delle domande di accesso ai trattamenti Covid e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi, compresi quelli differiti in via amministrativa, in scadenza entro il 31 luglio 2020 sono differiti al 31 Agosto 2020.