Split payment, aggiornati gli elenchi per il 2021

 

Con l’autorizzazione alla deroga giunta dalla Ue la disciplina dello split payment è stata confermata fino al 30 giugno 2023 e sono stati pubblicati gli elenchi dei soggetti a cui si applica per il 2021.

 

Sono pronti i nuovi elenchi dei soggetti tenuti all’applicazione dello split payment dell’anno 2021, almeno con le posizioni individuate fino all’aggiornamento del 20 ottobre 2020 (e successivo 19 novembre 2020) quale strumento fondamentale per l’individuazione di gran parte dei soggetti rientranti nella scissione dei pagamenti. Il dipartimento finanze del Ministero dell’economia e delle finanze ha pubblicato, nell’apposita sezione del proprio sito internet, gli elenchi ai sensi del Decreto 9 gennaio 2018, di modifica del Decreto Mef 23 gennaio 2015.

 

Infatti, per quanto riguarda gli elenchi validi dal 1° gennaio 2021, è possibile ricercare le fondazioni, gli enti pubblici e le società presenti, tramite codice fiscale (all’indirizzo: http://www1.finanze.gov.it/finanze2/split_payment/public/). Vi sono indicate le distinte categorie di soggetti tenuti all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti di cui all’articolo 17-ter, comma 1-bis, Dpr 633/1972. Per quanto riguarda l’individuazione delle pubbliche amministrazioni destinatarie delle regole derivanti dallo split payment si devono ritenere confermate le indicazioni note anche in precedenza dopo le ultime modifiche intervenute nel corso del 2017. La Cm  9/E/2018 sul punto aveva chiarito che per l’individuazione delle Pubbliche Amministrazioni destinatarie della disciplina della scissione dei pagamenti non sono previsti degli elenchi e occorre fare riferimento all’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (www.indicepa.gov.it), sulla base dell’articolo 5-bis, Dm 23 gennaio 2015 dove precisa che le PA sono destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria, ai sensi dell’articolo 1, commi 209-214, Legge 244/2007.

 

L’utilizzo degli elenchi risulta indispensabile sia ai soggetti che vi sono o vi dovrebbero essere iscritti, per comprendere se rientrano o meno nell’obbligo di ricevere le fatture con l’indicazione della scissione dei pagamenti provvedendo all’assolvimento dell’Iva relativa ivi indicata, ma anche ai fornitori per comprendere se dovranno emettere la fattura ai loro clienti con le speciali caratteristiche.

 

Bussola emissione fatture split payment nel 2021

Attività e verifiche dei fornitori Aggiornare le anagrafiche e la data storica di decorrenza dell’applicabilità del regime split payment sulle posizioni di ciascun cliente collegandole all’elenco Ipa e agli elenchi pubblicati nel sito delle Finanze.
Cliente Pubblica Amministrazione Fattura split payment se la PA cessionaria è soggetta al regime di fattura elettronica obbligatoria ed è nell’elenco IPA.
Cliente ente pubblico economico, società o fondazione Valgono solo gli elenchi pubblicati e il fornitore non deve:

– tenere conto di eventuali proprie informazioni circa condizioni di riconducibilità del cliente al comma 1-bis dell’articolo 17-ter;

– chiedere il rilascio di attestazione comma 1-quater dell’articolo 17-ter (circolari 27/E/2017 e 9/E/2018).

Cliente ente, società o fondazione partecipata da PA Fattura split payment se il cliente è inserito negli elenchi pubblicati dal Dipartimento Finanze dal 20 ottobre 2020 ma a decorrere da ciascuna data di efficacia per ciascun cliente.
Cliente PA o altro negli elenchi Il fornitore non deve emettere fattura split payment se:

– l’operazione è esclusa da Iva, soggetta a regime speciale che non prevede l’esposizione dell’Iva in fattura, nonché soggetta a inversione contabile;

– rientra nella casistica di esclusione delle circolari 15/E/2015 e 27/E/2017;

– pur non essendo previsto in modo specifico dalla prassi, la cessione comporta la fatturazione con Iva, ma non comporta l’obbligazione del pagamento da parte del cessionario (donazioni, fatture dei legali sottoposte alla distrazione del pagamento).

 

SPLIT PAYMENT NELLE COMPENSAZIONI CREDITI E DEBITI

La risposta dell’agenzia delle Entrate ad interpello n. 552 del 20 novembre 2020 affronta il caso di un ente locale territoriale che intende ottenere chiarimenti in merito al regime ordinario Iva o della scissione, applicabile ad una operazione permutativa di servizi che avviene nell’ambito della sfera commerciale di svolgimento dell’attività, cioè in qualità di soggetto passivo Iva del Comune con controparte una società, ritenendo di poter prevedere che:

  • le prestazioni di servizi reciproche non debbano essere assoggettate al regime dello split payment stante la natura permutativa della transazione fra le parti che comporterebbe l’applicazione dell’Iva con la modalità ordinaria e la detraibilità in capo all’ente istante;
  • vi sia coincidenza del momento impositivo, per entrambe le prestazioni, con l’esecuzione della seconda prestazione che funge da corrispettivo della prima (risoluzioni 75/E/2000 e 331/E/2008).

La risposta dell’agenzia evidenzia l’essenzialità della verifica formale e sostanziale dell’effettiva esistenza del contratto di permuta secondo lo schema civilistico previsto dall’articolo 1552 del codice civile che trova qualificazione ai fini del trattamento Iva all’interno dell’articolo 11 del Dpr 633/1972. Quest’ultima norma prevede che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’Iva separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate, sussistendo pertanto una controprestazione e corrispettivo l’una in ragione dell’altra, ma sussistendo altresì autonomia sia ai fini dell’applicazione del regime Iva sia della determinazione della base imponibile. La compensazione in regolazione dei rapporti individuata dal Comune con la società e collegata al rapporto contrattuale costituisce una semplice compensazione di natura finanziaria con piena autonomia delle due prestazioni di servizi che trovano la loro fase d’incrocio solo in ragione della reciproca estinzione del rapporto di credito/debito. Viene così a mancare il requisito della permuta, cioè la circostanza per cui le reciproche prestazioni siano il corrispettivo l’una dell’altra e l’interpretazione esclude l’applicabilità delle conclusioni della Rm 331/E/2008, con la conseguenza che le prestazioni oggetto del rapporto convenzionale fra i due soggetti sono due distinte operazioni a cui si applica il regime ordinario dell’Iva. La prestazione di servizi resa dalla società al Comune rientra poi normalmente nel regime della scissione dei pagamenti dal momento che è destinata a soggetto indicato nell’articolo 17-ter, comma 1, Dpr 633/1972 e non possono applicarsi le deroghe indicate nella Cm 27/E/2017, par. 2. Da ciò, per il caso specifico, deriva che:

  • la società:
  • emetterà le fatture esponendo l’Iva, in quanto debitore dell’imposta e soggetto passivo Iva, ma applicando il regime della scissione dei pagamenti e astenendosi dal versamento dell’imposta nella propria liquidazione periodica;
  • il Comune:
  • fatturerà alla società le prestazioni relative al canone d’uso dell’impianto con addebito dell’Iva sulla base dell’aliquota ordinaria propria;
  • verserà all’erario l’Iva addebitata al momento di ciascun pagamento ovvero al momento di ricezione e/o registrazione delle fatture di acquisto del suddetto servizio come previsto dalla disciplina nel caso di afferenza rispetto alla sfera commerciale con doppia registrazione nel registro degli acquiti e delle vendite;
  • potrà detrarre l’Iva risultante nella fattura split payment in quanto risulta acquirente di un servizio nella veste di soggetto passivo, in considerazione della natura commerciale dell’attività avente per oggetto la concessione dell’impianto a titolo oneroso.

La risposta non contempla per il caso la possibilità di operare nella logica della compensazione che, allo scopo della semplificazione, escluderebbe la disciplina dello split payment, come indicato dalla Cm 27/E/2017, nelle operazioni svolte tra PA e Società – entrambe destinatarie del meccanismo della scissione dei pagamenti – ogni qual volta l’assenza di pagamento del corrispettivo nei confronti del fornitore trovi la sua giustificazione nella compensazione tra contrapposti rapporti di credito. La motivazione non viene esplicitata e la circostanza non è chiara dal momento che la società («infrastrutture» che fatturerà al Comune), opera nell’appalto come «in house», quindi dovrebbe rientrare nella disciplina della scissione come soggetto in quanto società teoricamente controllata da una Pubblica Amministrazione.

 

IVA SPLIT PAYMENT VERSATA IN ECCESSO

La risposta dell’agenzia delle Entrate ad interpello n. 378 del 18 settembre 2020 condivide la soluzione prospettata da un ente pubblico tenuto all’applicazione, nei propri acquisti, del meccanismo dello split paymentdi cui all’articolo 17-ter, Dpr 633/1972 e conferma che l’Iva split payment versata in eccesso con modello F24 duplicato per lo stesso mese è recuperabile semplicemente attraverso lo scomputo da quanto l’ente sarà tenuto a versare allo stesso titolo nelle mensilità successive. La presenza di un doppio versamento di Iva split payment divenuta esigibile, effettuato per lo stesso mese, relativo ad acquisti afferenti la sfera istituzionale di svolgimento dell’attività dell’ente, legittima quest’ultimo a ritenere possibile l’azione di ripetizione dell’indebito con la compensazione (articoli 2033 e 1241 del codice civile). Questa interpretazione, totalmente condivisibile, non era tuttavia scontata. L’agenzia delle Entrate evidenzia, correttamente, l’impossibilità di procedere secondo le regole previste per le variazioni d’imposta di cui all’articolo 26 del Dpr 633/1972 in quanto la duplicazione del versamento Iva a favore dell’erario non è riconducibile alle ipotesi che legittimano l’emissione di una nota di variazione da parte del fornitore il quale è totalmente estraneo rispetto all’obbligazione del cessionario che deriva dal particolare meccanismo della scissione dei pagamenti. Infatti l’articolo 17-ter, comma 1 del Dpr 633/1972 prevede che per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di amministrazioni pubbliche, per le quali queste ultime non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di Iva, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi enti (Decreto 23 gennaio 2015). Il versamento dell’Iva split payment istituzionale, in base all’articolo 4 del suddetto Decreto, deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta diviene esigibile, senza possibilità di compensazione e utilizzando un apposito codice tributo in modo cumulativo, oppure, a scelta di ciascun ente, per l’insieme delle fatture di ciascun giorno o per ciascuna singola fattura. Quindi la linea scelta dall’agenzia delle Entrate supera la limitazione che, teoricamente, si potrebbe rilevare dal comma 1 dell’articolo 4 del Decreto 23 gennaio 2015 e ammette che la compensazione dell’indebito versamento si potrà realizzare a scomputo dell’eventuale debito dei mesi successivi. La risposta invita l’ente ad evidenziare nei propri documenti contabili l’avvenuta compensazione con indicazione delle motivazioni che hanno determinato la rilevazione dell’importo dell’indebito. Non sussistendo per tali enti, in ambito istituzionale, alcun obbligo contabile Iva, la precisazione s’inserisce unicamente nella linea dell’articolo 6, Dm 23 gennaio 2015 per il quale, in caso di verifiche, controlli o ispezioni, le pubbliche amministrazioni mettono a disposizione la documentazione, analogica o digitale, per verificare la corrispondenza tra l’Iva dovuta e versata per ciascun mese di riferimento.

 

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