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Decreto lavoro. Come per la proroga le causali saranno necessarie solo per il superamento del periodo di 12 mesi di durata complessiva del rapporto.
Il decreto lavoro approvato dal Consiglio dei Ministri introduce alcune novità in materia di contratti a termine, che riguardano sia la proroga che il rinnovo degli stessi. Vediamo quali sono le principali modifiche e quali effetti avranno sul mercato del lavoro.
La proroga dei contratti a termine
La proroga dei contratti a termine è l’atto con cui le parti decidono di prolungare la durata del rapporto di lavoro oltre la scadenza originaria, senza modificare le altre condizioni contrattuali. La proroga può essere effettuata una sola volta, entro il limite massimo di 12 mesi dalla data di stipula del contratto.
Fino ad ora, la proroga dei contratti a termine era subordinata alla sussistenza di una delle causali previste dalla legge, ovvero:
– esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività , o per esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
– esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Con il decreto lavoro, invece, le causali saranno necessarie solo per la proroga dei contratti a termine che superano i 12 mesi di durata complessiva. In altre parole, se il contratto a termine originario ha una durata inferiore ai 12 mesi, la proroga potrà essere effettuata senza dover indicare una motivazione. Se invece il contratto a termine originario ha una durata pari o superiore ai 12 mesi, la proroga dovrà essere motivata da una delle causali sopra elencate.
Questa novità si applica ai contratti a termine stipulati o prorogati dopo l’entrata in vigore del decreto lavoro, prevista per il 1° agosto 2023.
Il rinnovo dei contratti a termine
Il rinnovo dei contratti a termine è l’atto con cui le parti decidono di stipulare un nuovo contratto a termine, successivo alla scadenza del precedente, con le stesse o diverse condizioni contrattuali. Il rinnovo può essere effettuato al massimo quattro volte, entro il limite massimo di 24 mesi dalla data di stipula del primo contratto.
Anche per il rinnovo dei contratti a termine, fino ad ora era necessario indicare una delle causali previste dalla legge per la proroga. Con il decreto lavoro, invece, le causali saranno necessarie solo per il rinnovo dei contratti a termine che superano i 12 mesi di durata complessiva. Pertanto, se il primo contratto a termine ha una durata inferiore ai 12 mesi, il rinnovo potrà essere effettuato senza dover indicare una motivazione. Se invece il primo contratto a termine ha una durata pari o superiore ai 12 mesi, il rinnovo dovrà essere motivato da una delle causali sopra elencate.
Anche questa novità si applica ai contratti a termine stipulati o rinnovati dopo l’entrata in vigore del decreto lavoro.
Gli effetti sul mercato del lavoro
Le novità introdotte dal decreto lavoro hanno lo scopo di rendere più flessibile e semplice l’utilizzo dei contratti a termine da parte dei datori di lavoro, riducendo i vincoli e gli oneri burocratici. In questo modo, si spera di favorire l’occupazione e la ripresa economica dopo la crisi provocata dalla pandemia.
Tuttavia, alcuni esperti ritengono che le novità possano avere anche degli effetti negativi sul mercato del lavoro, come:
– un aumento della precarietà e dell’instabilità dei lavoratori a termine, che vedranno ridotte le possibilità di trasformazione del loro rapporto in un contratto a tempo indeterminato;
– un disincentivo alla formazione e all’aggiornamento professionale dei lavoratori a termine, che non avranno la certezza di una continuità lavorativa;
– una riduzione della tutela e della sicurezza dei lavoratori a termine, che saranno esposti a maggiori rischi di licenziamento e di infortunio.
Per evitare questi effetti, sarebbe opportuno accompagnare le novità sui contratti a termine con altre misure di sostegno e di incentivazione all’occupazione stabile e di qualità , come:
– una maggiore tassazione dei contratti a termine rispetto ai contratti a tempo indeterminato, per disincentivare l’abuso di questa forma contrattuale;
– una maggiore tutela dei diritti e delle condizioni dei lavoratori a termine, equiparandoli a quelli dei lavoratori a tempo indeterminato;
– una maggiore offerta di formazione e di riqualificazione professionale per i lavoratori a termine, per aumentare le loro competenze e la loro occupabilità .
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