Le nuove regole sul periodo di prova nei contratti a termine

L’articolo 13 della Legge 203/2024 introduce un sistema di calcolo proporzionale, stabilendo che:

  • Ogni 15 giorni di calendario di contratto corrisponde a un giorno di periodo di prova.
  • Il periodo di prova minimo è di 2 giorni.
  • Il periodo di prova massimo varia a seconda della durata del contratto:
    • 15 giorni per contratti di durata non superiore a 6 mesi.
    • 30 giorni per contratti di durata superiore a 6 mesi e inferiore a 12 mesi.

Questa impostazione è complementare rispetto a quanto già previsto dall’articolo 7 del D.Lgs. 104/2022, che stabiliva che il periodo di prova nei contratti a termine dovesse essere proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere.

Dubbi e criticità della nuova normativa

Nonostante l’apparente semplicità della norma, la sua applicazione solleva diversi interrogativi.

1) Il ruolo della contrattazione collettiva

La norma prevede che il nuovo metodo di calcolo si applichi “fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva”.

  • Se un CCNL prevede un periodo di prova inferiore a quello stabilito dalla legge, questa disposizione sarà applicata.
  • Ma cosa accade se il contratto collettivo prevede un periodo di prova più lungo?
  • Il lavoratore potrebbe ritenere che il periodo più esteso sia sfavorevole e contestarlo?

Ad esempio, nel settore della ristorazione, il CCNL Pubblici Esercizi prevede 10 giorni di prova. Se un lavoratore è assunto per 8 mesi, con la nuova formula avrebbe diritto a 16 giorni di prova. Quale criterio prevarrà?

2) Periodo di prova e giorni di effettiva prestazione

Un altro punto critico riguarda il concetto di “giorni di effettiva prestazione”.

  • Il calcolo si basa sui giorni effettivi di lavoro, escludendo i giorni di sospensione dovuti a malattia, infortunio o congedo parentale.
  • Questo significa che un periodo di prova di 15 giorni di calendario potrebbe estendersi nel tempo se il lavoratore è assente per malattia o altre cause.
  • Tuttavia, il secondo comma della norma non specifica che i 15 o 30 giorni siano di effettiva prestazione, creando una possibile discrepanza interpretativa.

3) Cosa accade per contratti di durata superiore a 12 mesi?

Il testo normativo stabilisce limiti precisi solo per i contratti fino a 12 mesi, ma non disciplina esplicitamente i rapporti a termine di durata superiore.

  • Se un contratto a tempo determinato dura 18 mesi, come si calcola il periodo di prova?
    • Si applica la proporzione stabilita dalla legge (36 giorni di prova)?
    • Oppure si applicano le disposizioni del CCNL di riferimento?

Questa mancanza di chiarezza potrebbe portare a interpretazioni differenti tra aziende, lavoratori e giurisprudenza.

Casi particolari: contratti sostitutivi con termine incerto

Un’altra criticità riguarda i contratti a termine stipulati per sostituire un lavoratore assente, ad esempio per maternità.

  • Se il contratto prevede che la sostituzione duri “fino al rientro del titolare”, come si calcola il periodo di prova?
  • L’assenza di una data di fine contratto rende difficile applicare il metodo di calcolo proporzionale.
  • Si potrebbe ipotizzare che il periodo di prova venga determinato in base alla durata stimata del rapporto, ma ciò potrebbe generare contenziosi tra datore di lavoro e dipendente.

 

Chiedi informazioni

Condividi :

lavoro

7 Feb 2025

Fondo Nuove Competenze: al via le domande dal 10 Febbraio 2025

lavoro

7 Feb 2025

Maxideduzione per le nuove assunzioni: opportunità fiscale per le imprese

lavoro

5 Feb 2025

Finanziamenti Inail per la formazione sulla sicurezza sul lavoro: un’opportunità per le imprese

CERCA