L’affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta previsto dall’articolo 14 del Dlgs 192/2024 consente alle imprese di eliminare il regime di sospensione fiscale per le riserve esistenti al 31 dicembre 2023, pagando un’imposta sostitutiva del 10%. Tuttavia, questa operazione conviene solo se la riserva viene successivamente distribuita ai soci.
Vediamo i dettagli della normativa, le scadenze di pagamento e i casi in cui l’affrancamento risulta conveniente.
Cos’è l’affrancamento delle riserve e come funziona
L’affrancamento riguarda le riserve di rivalutazione e in sospensione d’imposta che risultano ancora esistenti nel bilancio successivo al 31 dicembre 2023. Per eliminare il regime di sospensione, le società possono versare un’imposta sostitutiva dell’Ires e dell’Irap pari al 10%, suddivisa in quattro rate annuali:
- Prima rata: giugno 2025
- Seconda rata: giugno 2026
- Terza rata: giugno 2027
- Quarta rata: giugno 2028
L’operazione deve essere dichiarata nel modello Redditi 2025, nel quadro RQ. I suoi effetti retroagiscono al 1° gennaio 2025, il che significa che possono essere affrancate anche riserve distribuite ai soci prima del versamento dell’imposta, purché la distribuzione avvenga dopo il 31 dicembre 2024.
Quando conviene aderire all’affrancamento
L’affrancamento elimina la tassazione per la società nel caso di distribuzione delle riserve ai soci o di utilizzo che comporta il realizzo della sospensione fiscale.
Situazioni in cui l’affrancamento è conveniente
✅ Se la società intende distribuire la riserva ai soci nel 2025 o negli anni successivi, poiché l’affrancamento permette di trasformarla in riserva di utili, evitando un’imposizione più elevata.
✅ Se si aderisce all’Ires premiale (legge 207/2024): le imprese che devono accantonare l’80% dell’utile 2024 per accedere all’Ires ridotta potrebbero utilizzare le riserve affrancate per distribuire dividendi ai soci.
✅ Se la società deve intaccare le riserve per assegnazioni agevolate di beni ai soci entro il 30 settembre 2025. In questo caso, la sostitutiva del 13% prevista per le assegnazioni agevolate risulta più alta, ma elimina anche la tassazione in capo ai soci.
Situazioni in cui l’affrancamento non conviene
❌ Se la riserva rimane nel patrimonio della società: in questo caso, il versamento dell’imposta del 10% rappresenterebbe un costo inutile, poiché la riserva non verrebbe mai tassata.
❌ Se la riserva viene utilizzata per coprire perdite: la sua cancellazione con delibera assembleare non comporta alcuna imposizione, rendendo superfluo il pagamento dell’imposta sostitutiva.
❌ Se la società prevede una fusione futura: in caso di fusione, le riserve di rivalutazione devono essere ricostituite nei limiti dell’avanzo di fusione. Se l’avanzo non è sufficiente, la riserva scompare e l’affrancamento risulta inutile.
Intrecci con la normativa fiscale e societaria
L’affrancamento delle riserve deve essere valutato anche alla luce delle regole civilistiche e fiscali:
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Vincoli civilistici alla distribuzione delle riserve:
- Se si tratta di riserve di rivalutazione, potrebbero esserci limitazioni alla loro attribuzione ai soci.
- Le società devono verificare che la distribuzione sia compatibile con le disposizioni statutarie e con il bilancio.
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Affrancamento e fusioni societarie:
- Se le riserve sono tassabili solo in caso di distribuzione, devono essere ricostituite dopo la fusione, nei limiti dell’avanzo.
- Se la società incorporante non ha riserve libere, la fusione comporta la tassazione della riserva, rendendo conveniente un preventivo affrancamento.
L’affrancamento delle riserve può essere un’opzione vantaggiosa per le imprese che prevedono di distribuire le riserve ai soci o che devono utilizzarle per operazioni societarie e fiscali rilevanti. Tuttavia, è sconsigliato aderire se le riserve rimarranno nel patrimonio o verranno utilizzate per coprire perdite.
Prima di aderire, è fondamentale effettuare un test di convenienza, considerando le prospettive aziendali e le operazioni future.