Il rendiconto finanziario, nonostante sia spesso percepito dalle imprese come un documento di secondo piano, è oggi più che mai uno strumento essenziale per il dialogo tra impresa e finanziatori. Banche, investitori istituzionali e operatori del private equity lo leggono come una mappa dei flussi di cassa aziendali, con l’obiettivo di comprendere la capacità di sostenere finanziamenti e generare valore.
È vero che l’abitudine delle imprese a utilizzare il rendiconto in chiave gestionale è ancora limitata. Lo dimostra la frequenza con cui si rilevano errori formali e interpretativi nella sua redazione, come evidenziato in una recente ricerca condotta con l’OIC e pubblicata su Il Sole 24 Ore. La prassi dominante vede l’uso del metodo indiretto, che consente di identificare i flussi derivanti da attività operativa, investimenti e finanziamenti, tracciando così l’origine e la destinazione della liquidità aziendale. L’obiettivo principale resta garantire un saldo positivo nella liquidità operativa, frutto della somma di gestione economica e buona amministrazione del capitale circolante. Non basta infatti generare ricavi, ma è essenziale incassare i crediti e controllare la rotazione delle scorte e il pagamento ai fornitori.
Il rendiconto finanziario, però, non si limita a fotografare il passato. Può diventare uno strumento prospettico cruciale, capace di anticipare le esigenze finanziarie dell’impresa. In un sano rapporto banca-impresa, la previsione dei flussi di cassa è la chiave per ottenere credito. È su questa capacità che le banche basano il merito creditizio, differenziando l’impresa che pianifica e controlla da quella che subisce gli eventi. Non a caso, il metodo di valutazione aziendale più utilizzato, il DCF (Discounted Cash Flow), si fonda proprio sulla proiezione di flussi finanziari futuri, da costruire con rigore per un orizzonte di 3 o 5 anni. Il valore di un’impresa dipende, sempre più, da quanto sa prevedere, non da quanto ha già realizzato.
Tra gli indicatori fondamentali che derivano dal rendiconto finanziario vi è il DSCR, il Debt Service Coverage Ratio. Si tratta del rapporto tra il cash flow operativo disponibile, al netto delle imposte, e il cash flow necessario a coprire il servizio del debito, ovvero il pagamento di interessi e la restituzione del capitale. Un DSCR inferiore a 1 indica che l’impresa non è in grado di sostenere i propri debiti. Le banche, così come i fondi di private equity, richiedono un DSCR minimo superiore a 1, generalmente compreso tra 1,2 e 1,3, per considerare l’azienda finanziabile o appetibile.
La redazione accurata del rendiconto finanziario permette inoltre di valutare un altro aspetto chiave: la cash conversion dell’EBITDA. In altre parole, quanto l’EBITDA – spesso assunto come misura della performance operativa – si trasforma effettivamente in cassa. Una buona marginalità non è sufficiente se è accompagnata da un forte assorbimento di capitale circolante o da piani di investimento intensivi che drenano liquidità. Il private equity, in particolare, valuta con attenzione questo aspetto prima di intervenire con operazioni di acquisizione o aumento di capitale.
Una marginalità positiva deve quindi essere letta in relazione agli investimenti e ai flussi del capitale circolante. È frequente, purtroppo, riscontrare situazioni in cui un EBITDA rilevante si dissolve nel circolante o viene assorbito da Capex non pianificati, rendendo difficile onorare impegni finanziari. In questi casi, l’analisi del rendiconto può diventare lo strumento per riorientare la strategia aziendale e ripristinare l’equilibrio tra fabbisogni e risorse.
In sintesi, il rendiconto finanziario non è un adempimento formale, ma una leva concreta per rafforzare il posizionamento finanziario dell’impresa. Redigerlo correttamente significa parlare lo stesso linguaggio dei soggetti che erogano credito o investono nel capitale. Per questo motivo, la sua redazione non può essere demandata al solo software gestionale o a un’estrazione automatica. Serve una comprensione profonda delle dinamiche aziendali, una capacità di analisi e la volontà di usare i numeri per orientare le decisioni future.
Lo Studio Beneggi e Associati affianca le imprese nella redazione e lettura strategica del rendiconto finanziario, nella costruzione di scenari previsionali e nel miglioramento della capacità di comunicare con banche e investitori. Perché un buon bilancio racconta il passato, ma un buon rendiconto anticipa il futuro.