Composizione negoziata: prioritaria la continuità aziendale, non basta la liquidazione

Negli ultimi mesi, i Tribunali stanno affinando i confini dell’istituto della composizione negoziata della crisi, evidenziando un principio ormai centrale: la continuità aziendale è il cuore del percorso di risanamento. L’obiettivo della procedura non è quello di aprire un canale alternativo per la mera liquidazione, ma di verificare, esplorare e tentare in modo leale tutte le strade per salvaguardare l’impresa, anche eventualmente attraverso la cessione dell’attività a terzi.

Il caso: la linea del Tribunale di Verona

Con decreto del 10 marzo 2025, il Tribunale di Verona ha rigettato una richiesta di misure protettive presentata nell’ambito di una composizione negoziata della crisi, ritenendo che il piano allegato avesse natura meramente liquidatoria e fosse privo di qualsiasi prospettiva credibile di continuità aziendale.

La ricorrente era una società di fatto inattiva, senza dipendenti, né risorse operative, il cui piano si fondava sulla vendita dell’unico cespite immobiliare, peraltro senza alcuna offerta vincolante da parte di potenziali acquirenti. Mancava qualsiasi indicazione, anche solo preliminare, circa la proposta di soddisfacimento dei creditori, così come l’analisi economico-finanziaria prospettica.

In questa cornice, i giudici hanno ritenuto il piano incompatibile con le finalità della composizione negoziata: non si trattava di un tentativo di risanamento, ma di una liquidazione mascherata.

La posizione della giurisprudenza: liquidazione solo in casi estremi

La posizione del Tribunale di Verona si distanzia da quanto affermato dal Tribunale di Mantova con l’ordinanza del 4 dicembre 2024, secondo cui la composizione negoziata potrebbe essere percorribile anche per finalità liquidatorie, purché in modo trasparente e con effetti migliorativi per il ceto creditorio.

Il Tribunale veneto, invece, ribadisce una linea più rigorosa e allineata alla finalità conservativa della procedura:

  • La composizione negoziata non può essere utilizzata come canale per liquidazioni camuffate.

  • Le misure protettive richieste nel corso della procedura devono essere coerenti con un reale tentativo di risanamento, non funzionali solo a ritardare o congelare iniziative esecutive.

  • Il piano ex articolo 19 del Codice della crisi d’impresa deve contenere dati concreti: proiezioni, conti economici, fonti di finanziamento, strategie di rilancio o cessione dell’azienda a terzi.

Quando è ammessa una soluzione liquidatoria?

La via della liquidazione come esito della composizione negoziata è possibile, ma solo al verificarsi di condizioni stringenti previste dall’articolo 25-sexies del Codice della crisi:

  • Deve emergere, durante le trattative, l’impraticabilità delle soluzioni di risanamento, attestata dall’esperto indipendente.

  • In quel caso, è consentito l’accesso al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, ma non è ammesso che la procedura parta fin dall’inizio con un piano dichiaratamente liquidatorio.

In altre parole, la composizione negoziata può anche concludersi con una liquidazione, ma non può iniziare come tale.

Conclusione: risanamento al centro, liquidazione come ultima opzione

L’ordinanza del Tribunale di Verona richiama professionisti, imprese e advisor alla serietà della composizione negoziata: non è uno strumento per guadagnare tempo o gestire passivamente una crisi irreversibile, ma un vero processo di diagnosi e risanamento, in cui la continuità aziendale è il primo obiettivo.

Per questo, la predisposizione di un piano deve essere supportata da un’analisi credibile e documentata della possibilità di rilancio o prosecuzione dell’attività, anche tramite operazioni straordinarie. In caso contrario, è necessario orientarsi da subito verso altri strumenti previsti dal Codice della crisi.

Affidarsi a un team esperto in materia di crisi d’impresa consente di scegliere il percorso più adatto, evitando errori strategici e contestazioni da parte degli organi giudiziari.

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