Carte di debito nel welfare aziendale: quando diventano voucher esenti da imposte

L’utilizzo delle carte di debito come strumento di erogazione dei fringe benefit ha riacceso l’interesse di imprese e professionisti. In particolare, la risposta n. 904-318/2025 della Direzione Regionale Lombardia dell’Agenzia delle Entrate ha sollevato nuovi dubbi sul corretto inquadramento fiscale di tali strumenti, pur ribadendo, di fatto, quanto già espresso dall’Agenzia nella risposta a interpello n. 5/2025.

Il nodo interpretativo: caso concreto vs quesito astratto

Il documento in oggetto è stato dichiarato inammissibile per l’assenza di un caso concreto, secondo quanto previsto dall’articolo 11 dello Statuto del Contribuente. La società richiedente, infatti, non ha descritto una situazione attuale ma ha sottoposto all’Agenzia un modello potenziale di utilizzo delle carte di debito, basate sul circuito Mastercard, per l’acquisto di beni e servizi in ambito welfare.

Nonostante l’inammissibilità, la Dre Lombardia ha offerto alcune considerazioni che meritano un’analisi attenta, soprattutto alla luce del precedente interpello 5/2025. Il punto centrale resta l’eleggibilità delle carte di debito – se nominative, non convertibili in denaro e vincolate a spese predeterminate – ai fini dell’esenzione prevista dall’art. 51, comma 3 del TUIR.

Voucher Card vs carte di debito “classiche”: una distinzione strategica

La differenza tra una “classica” carta di debito e una Voucher Card attivata da un credito welfare è sostanziale, anche se spesso trascurata. La prima, priva di vincoli d’uso specifici, difficilmente soddisfa i requisiti di legge per l’esenzione fiscale. La seconda, invece, viene gestita secondo logiche di budget figurativo non convertibile in contanti, vincolata a esercizi convenzionati e ad acquisti di beni e servizi ammissibili.

Esempio 1 – Caso da evitare:
Un’azienda fornisce una carta Mastercard prepagata, nominale ma non limitata a categorie merceologiche specifiche. Sebbene tecnicamente non convertibile in denaro, la sua spendibilità generalizzata non soddisfa i requisiti normativi. In questo caso, l’erogazione diventa fiscalmente imponibile, con applicazione delle ritenute in busta paga.

Esempio 2 – Caso conforme:
Un’impresa adotta una Voucher Card nominativa, ricaricata con un budget welfare da spendere esclusivamente presso una rete di fornitori convenzionati, selezionati in base a tipologie di spesa coerenti con l’art. 51 TUIR (es. servizi scolastici, palestre, carburanti). La carta non è convertibile in contanti né cedibile. Questo modello consente la piena detassazione del benefit, fino ai limiti annuali previsti.

L’estensione della rete di spesa non è decisiva

Secondo la Dre Lombardia, l’utilizzabilità della carta su circuiti ampi come Mastercard compromette la predeterminazione dell’ambito di spesa. Tuttavia, la reale discriminante non è tanto il circuito di pagamento quanto la struttura con cui il datore di lavoro configura e controlla l’utilizzo della carta. Una rete ampliabile non implica automaticamente una violazione della normativa, se l’utilizzo è vincolato.

L’inquadramento fiscale delle carte di debito per il welfare aziendale richiede una progettazione rigorosa e un controllo puntuale degli strumenti utilizzati. La Voucher Card può rappresentare una soluzione conforme ed efficiente, ma solo se:

  • è nominativa;

  • il credito è predefinito e non convertibile in denaro;

  • il perimetro di spesa è vincolato a prestazioni ammissibili ex art. 51, comma 3, TUIR;

  • il benefit viene gestito in modo documentato e tracciabile.

In assenza di una norma di carattere generale, l’adozione di soluzioni conformi agli interpelli più solidi – come la risposta 5/2025 – è fondamentale per evitare contenziosi e sanzioni.

Scegliere Beneggi e Associati significa dotarsi di un presidio strategico capace di leggere in anticipo i risvolti fiscali delle innovazioni aziendali, guidando ogni scelta operativa nel rispetto della normativa, ma senza rinunciare a efficienza e flessibilità.

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