L’art. 4 del D.L. 26.10.2019, n. 124 (cd. Decreto fiscale) contiene due disposizioni dedicate alle operazioni di esternalizzazione di servizi volte a contrastare, seguendo anche la rubricazione dell’articolo stesso, l’illecita somministrazione di manodopera nonché l’evasione fiscale.
La disciplina sulle ritenute d’acconto sui redditi di lavoro dipendente o assimilato impone ai soggetti Iva, nonché ai condomini, di operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo d’acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti. Nel caso di redditi da lavoro dipendente o assimilato il datore di lavoro trattiene una parte della retribuzione a titolo di ritenuta d’acconto Irpef che poi versa, per conto del lavoratore, all’Erario entro il giorno 16 del mese successivo.
Con decorrenza 1.1.2020, sarà il committente il soggetto che sarà tenuto a versare le ritenute che sono trattenute ai lavoratori che eseguono l’opera o il servizio e che risultano in forza all’impresa affidataria, appaltatrice o subappaltatrice.
Pertanto, mentre il calcolo delle ritenute relative alla forza lavoro impiegata nel compimento dell’opera o del servizio non potrà che essere svolto dall’impresa affidataria, appaltatrice o subappaltatrice, il versamento con il Mod. F24 dovrà essere effettuato dal committente.
L’iter fisiologico previsto dal legislatore sarebbe il seguente:
il committente dovrà comunicare all’impresa affidataria o appaltatrice gli estremi del conto corrente (IBAN) in cui dovrà essere versata la provvista, pari all’importo dell’F24 da pagare relativo alle ritenute fiscali; alle eventuali imprese subappaltatrici la comunicazione dell’IBAN dovrà essere effettuata dall’impresa appaltatrice;
la provvista dovrà essere fornita al committente almeno cinque giorni lavorativi prima dei termini di versamento delle ritenute fiscali;
il committente pagherà l’F24, i cui dati gli saranno forniti dall’impresa appaltatrice o affidataria, indicando nella delega il codice fiscale del soggettoper conto del quale il versamento è stato eseguito;
il committente comunicherà poi tramite pec entro cinque giorni l’effettuazione del pagamento alle imprese appaltatrici o affidatarie e subappaltatrici; se il committente non le informa dell’effettuazione del versamento queste dovranno comunicare tale inerzia all’Agenzia delle Entrate territorialmente competente in base alla loro sede legale.
Al committente dovrà giungere, sempre entro cinque giorni lavorativi prima del termine di versamento delle ritenute, una pec con «un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere e servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione ed il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di detto lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente».
La disposizione aggiunge che al committente dovranno essere forniti, sempre tramite pec, i dati necessari per la compilazione del Mod. F24 e i dati identificativi del bonifico effettuato; in caso di subappalto, le imprese subappaltatrici dovranno fornire le stesse informazioni anche all’impresa appaltatrice.
Il committente non potrà per il versamento compensare l’F24 con proprie posizioni creditorie trattenendosi la provvista che gli è stata fornita per il pagamento delle ritenute fiscali.
È stato anche specificato che qualora l’impresa affidataria o appaltatrice, nel termine obbligatorio fissato per fornire la provvista al committente, avesse già maturato il diritto a percepire somme in base agli accordi contrattuali in essere, potrà, invece di pagare la somma dovuta, inviare al committente una richiesta di compensazione totale o parziale delle somme necessarie per il versamento delle ritenute.
Se le imprese non forniscono la provvista al committente (o non forniscono la richiesta di compensazione per crediti maturati) o non gli inviano i dati necessari per procedere al riscontro, restano responsabili per la determinazione delle ritenute e per la corretta esecuzione delle stesse; in tal caso il committente dovrà sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria, vincolando le somme dovute al pagamento delle ritenute fiscali dandone comunicazione entro 90 giorniall’Agenzia delle Entrate competente per territorio. La disposizione precisa che in tali casi è impedita ogni azione esecutiva per soddisfare il proprio credito nei confronti del committente sino a quando le ritenute fiscali non saranno state versate.
Se nei 90 giorni successivi rispetto al termine di adempimento al committente giunge la provvista ed i dati necessari per il riscontro, lo stesso potrà procedere al versamento delle ritenute fiscali con possibilità di utilizzare, su richiesta dell’impresa che ha effettuato le ritenute, lo strumento del ravvedimento operoso addebitandogli sanzioni e interessi. Il committente diventa, invece, responsabile se non versa l’F24 alla scadenza quando le somme gli sono state tempestivamente messe a disposizione o in presenza di somme compensabili; in questo caso la sua responsabilità è limitata alla somma fornita con bonifico o pari alle compensazioni richieste.
Inoltre, in ogni caso, il committente diventa responsabile se non comunica alle imprese interessate gli estremi del conto corrente bancario o postale su cui effettuare i versamenti o se paga alle imprese affidatarie, appaltatrici o subappaltatrici che risultano inadempienti; in questo caso il committente è invece responsabile per tutto l’importo delle ritenute.
È stata prevista un’ipotesi che permette di evitare il complesso meccanismo introdotto dal legislatore per il versamento delle ritenute fiscali da parte del committente.
Difatti, al sussistere di due condizioni, le imprese a cui è stato affidato il compimento dell’opera o del servizio possono riappropriarsi della veste completa di sostituto d’imposta ed eseguire in proprio il pagamento delle ritenute fiscali.
Le condizioni, stabilite dal nuovo art. 17-bis, co. 12, del D.Lgs. 241/1997 sono le seguenti:
risultare in attività da almeno cinque anni ovvero aver eseguito nel corso dei due anni precedenti complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo superiore a euro 2 milioni;
non avere iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi affidati agli Agenti della riscossione relativi a tributi e contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000, per i quali siano ancora dovuti pagamenti o per i quali non siano stati accordati provvedimenti di sospensione.
La certificazione che potrà attestare al committente la possibilità per le imprese di versare direttamente le ritenute della propria forza lavoro sarà messa a disposizione da parte dell’Agenzia delle Entrate entro 90 giorni dall’entrata in vigore della disposizione (27.10.2019) e in modo che il committente possa verificarne l’autenticità.
Le imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici non potranno in alcun modo compensare le somme relative ai contributi previdenziali e assistenziali e a premi assicurativi obbligatori che siano maturati durante l’esecuzione dell’opera o del servizio. La norma trova applicazione sia nel caso in cui le imprese ricadono nell’obbligo di versamento delle ritenute fiscali da parte del committente sia nel caso in cui soddisfino le condizioni del versamento diretto. Pertanto, se in presenza dell’apposita certificazione sarà possibile derogare al versamento delle ritenute fiscali da parte del committente, il divieto di compensazione dei contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi non potrà essere in alcun modo evitato se il contratto rientrerà nell’enunciato, oggettivamente ampio, di «esecuzione dell’opera o del servizio».
Con l’art. 4, co. 3, del D.L. 26.10.2019, n. 124 viene introdotta un’ulteriori ipotesi di reverse charge (inversione contabile), meccanismo in base al quale è il committente il soggetto tenuto all’assolvimento dell’imposta in luogo del prestatore del servizio. L’ipotesi introdotta riguarda le prestazioni di servizi «effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma».
L’ambito oggettivo viene ridotto e circoscritto dal sussistere dalla prevalenza di utilizzo della manodopera presso la sede di attività del committente. La disposizione aggiunge anche la condizione di utilizzare mezzi strumentali di proprietà del committente o, al fine di evitare elusioni, che siano ad esso riconducibili in qualunque forma.
Se le attrezzature necessarie per lo svolgimento dell’appalto sono di proprietà del committente (o sono da questi concesse in comodato o locate o noleggiate all’appaltatore), si rientra nel campo di applicazione del reverse charge; se invece le attrezzature sono di proprietà effettiva dell’appaltatore, l’operazione rientrerebbe nella regola generale di applicazione dell’Iva. La disposizione, ponendosi in coda ad altre per cui risulta già vigente il reverse charge, trova applicazione qualora il caso specifico non rientri già in uno di quelli precedenti (quali ad esempio i servizi di pulizia o i servizi di completamento degli edifici).
La disciplina non trova applicazione per le operazioni effettuate nei confronti di pubbliche Amministrazioni o altri enti per cui si applica lo split payment né per quelle prestate dalle agenzie per il lavoro.
Inoltre, risultando una misura in deroga, l’efficacia della disposizione è subordinata all’autorizzazione del Consiglio Ue la cui procedura deve completarsi in un tempo massimo di 8 mesi dal ricevimento da parte della Commissione della domanda inviata dall’Italia.
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