Con le sentenze n. 12076 e n. 12079 del 2025, la Corte di Cassazione ha confermato un principio destinato a incidere profondamente sulle strategie fiscali di locazione: la cedolare secca è applicabile anche nei contratti abitativi stipulati con conduttori che esercitano attività d’impresa o professionale. Un orientamento ormai consolidato, dopo la pronuncia n. 12395 del 2024, che supera le resistenze interpretative dell’Agenzia delle Entrate.
Il principio: la scelta spetta al locatore
Il ragionamento dei giudici è chiaro: l’opzione per la cedolare secca è una facoltà esclusiva del locatore persona fisica, che deve poter esercitare tale scelta in modo autonomo, senza dover valutare finalità e qualificazione soggettiva del conduttore. Un passaggio cruciale, perché libera il proprietario da responsabilità di verifica spesso impossibili da adempiere.
La ratio è che l’imposta sostitutiva nasce per semplificare e incentivare il mercato delle locazioni abitative. Perciò, ogni interpretazione che subordina la sua applicazione a condizioni esterne alla sfera di controllo del locatore si pone in contrasto con lo spirito stesso della norma.
Esempio concreto 1: l’appartamento per il dipendente trasferito
Un’impresa lombarda stipula un contratto di locazione con un privato per ospitare un proprio dirigente trasferito temporaneamente a Milano. L’immobile è destinato a uso abitativo, il locatore è una persona fisica non esercente attività d’impresa: la cedolare secca si applica, anche se l’intestatario del contratto è una società. In questo scenario, la funzione abitativa resta prevalente e coerente con l’impianto normativo.
Dove il confine si fa labile: il caso delle locazioni brevi gestite da società
Più complesso è il caso delle società che prendono in affitto immobili residenziali per poi sublocarli con finalità turistiche. È il modello tipico degli operatori di affitti brevi: soggetti professionali che assumono in locazione appartamenti e li gestiscono attraverso piattaforme online. Qui, la destinazione dell’immobile non è legata a un bisogno abitativo del conduttore, ma all’attività economica dello stesso.
Esempio concreto 2: affitto a una società di gestione turistica
Un proprietario affitta un trilocale a una società specializzata in short term rental. La società, a sua volta, pubblicizza l’immobile su Airbnb e lo affitta a turisti. Formalmente l’uso è abitativo, ma sostanzialmente è commerciale. Applicare la cedolare secca in questo caso può risultare forzato, perché si snatura la finalità incentivante della norma. Tuttavia, allo stato attuale, la giurisprudenza sembra orientata a non introdurre distinzioni basate sull’uso effettivo da parte del conduttore.
Il nodo normativo: tra interpretazione estensiva e necessità di chiarezza
Il quadro normativo, pur dopo le aperture giurisprudenziali, resta complesso. Il rischio per il contribuente è che, in fase di controllo, l’Agenzia delle Entrate contesti la validità dell’opzione sulla base dell’utilizzo improprio dell’immobile da parte dell’inquilino. È un terreno di scontro interpretativo dove la strategia fiscale va calibrata con prudenza e lungimiranza.
Scelte strategiche e consulenza evoluta
Per imprenditori e proprietari con patrimoni immobiliari da valorizzare, la partita non è solo fiscale, ma strategica. La cedolare secca può rappresentare un vantaggio competitivo, ma va gestita con un partner che conosce le dinamiche interpretative, i rischi futuri e le soluzioni strutturali. Lo Studio Beneggi e Associati integra l’analisi normativa con una visione trasversale e metodica: non solo adempimenti, ma scenari, vantaggi sostenibili e tutela proattiva degli interessi del cliente.