La cedolare secca, regime fiscale opzionale rivolto alle persone fisiche che locano immobili abitativi, si conferma anche per il 2025 uno strumento di grande interesse. La sua applicazione permette di sostituire Irpef e addizionali con un’imposta proporzionale fissa (21% o 10% per i canoni concordati), garantendo semplificazioni operative ma richiedendo attenzione ai vincoli.
Condizioni soggettive e oggettive
Il regime è riservato alle persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa. Esclusi quindi società, enti commerciali e ditte individuali. L’immobile deve essere ad uso abitativo (categorie catastali A1-A11, escluso A10) e può includere pertinenze se locate congiuntamente.
In caso di più comproprietari, l’opzione deve essere esercitata da tutti. Il mancato allineamento comporta la tassazione ordinaria per la quota non in regime cedolare.
Cedolare al 21% o al 10%
L’aliquota ordinaria del 21% si applica ai contratti a canone libero (4+4). L’aliquota del 10% è riservata a contratti concordati (3+2, transitori o per studenti) stipulati in comuni ad alta tensione abitativa, previa attestazione di conformità agli accordi territoriali. Senza attestazione, si decade al 21%.
Il canone concordato è in genere più basso, ma a fronte di vantaggi fiscali ulteriori come la riduzione IMU del 25%.
Affitti brevi: il passaggio da 21% a 26%
Dal 2024, è previsto il passaggio da 21% a 26% per i redditi da locazioni brevi (sotto i 30 giorni) oltre il primo immobile. Il 21% resta sul primo, il 26% si applica sugli altri, fino a un massimo di 4 unità locate brevemente. Oltre tale soglia si ricade nel regime d’impresa.
Il principio è disincentivare il multi-hosting. Ma la norma solleva interrogativi operativi non ancora chiariti ufficialmente (es. chi definisce il “primo” immobile). Le locazioni brevi in regime cedolare restano escluse dal reddito Irpef ma incidono sull’Isee.
Quando conviene e quando no
La cedolare offre risparmi importanti per chi ha redditi elevati. Ma non consente deduzioni per spese, né aggiornamenti Istat del canone. Nei contratti lunghi, l’inflazione può erodere il valore reale del canone.
La cedolare non prevede no-tax area: anche per chi ha redditi bassi, l’imposta si applica sull’intero canone. La valutazione va fatta caso per caso.
Caso pratico: locazione breve con cedolare al 26%
Persona fisica con reddito annuo da lavoro dipendente pari a 40.000 euro, concede in locazione breve un secondo immobile con canone annuo di 12.000 euro:
- In regime Irpef ordinario: reddito netto 8.569,58 euro
- In regime cedolare 26%: reddito netto 8.880 euro
La cedolare resta più conveniente nonostante l’aliquota più alta, grazie all’esenzione da addizionali e imposte accessorie.
Prospettive per il 2026
Il Ddl di Bilancio 2026 prevede:
- estensione dell’aliquota 26% anche al primo immobile in locazione breve;
- possibile introduzione di cedolare agevolata al 15% per affitti lunghi.
Il dibattito parlamentare è in corso e potrà modificarne l’applicazione.
Come agire
Il quadro fiscale 2025-2026 impone una valutazione accurata delle opzioni disponibili, specie per chi possiede più immobili o opera anche nel mercato delle locazioni brevi. Le variabili – dal tipo di contratto all’aliquota applicabile, dalle deduzioni fiscali alla possibilità di aggiornamento del canone – impongono una pianificazione personalizzata.
Lo studio Beneggi e Associati supporta proprietari, investitori e professionisti nella scelta del regime fiscale più vantaggioso, con analisi comparative, simulazioni e consulenza operativa.
Per ogni decisione patrimoniale, la corretta impostazione fiscale rappresenta una leva strategica.
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