Nelle operazioni straordinarie, in particolare nella compravendita di partecipazioni societarie, il prezzo non è mai un dato statico. Riflette un equilibrio economico tra le parti, ma è esposto a fattori variabili che si manifestano nella fase tra la due diligence e il closing. Per gestire questa dinamica, i contratti di acquisizione utilizzano due strumenti distinti: le clausole di aggiustamento del prezzo e le clausole di indennizzo. Sebbene spesso confuse, rispondono a logiche diverse, con effetti operativi e fiscali non sovrapponibili.
Le clausole di aggiustamento del prezzo correggono il valore pattuito in funzione di parametri patrimoniali oggettivi. Le più diffuse sono i meccanismi basati sui completion accounts e quelli basati sul locked box. Nel primo caso, il prezzo definitivo viene calcolato dopo il closing sulla base di un bilancio ad hoc; nel secondo, il prezzo è determinato ex ante rispetto a una data di riferimento e resta fisso, salvo rettifiche per operazioni straordinarie non autorizzate (leakage). La differenza è sostanziale: il completion consente maggiore precisione ma implica tempi lunghi e potenziali conflitti; il locked box assicura certezza e velocità, ma trasferisce sull’acquirente una parte del rischio informativo.
Le clausole di indennizzo, invece, sono costruite per coprire rischi specifici, spesso non valorizzabili al momento della determinazione del prezzo. Prevedono che, al verificarsi di eventi definiti – come sanzioni fiscali, contenziosi pendenti, passività ambientali o rischi legati a contratti in essere – il venditore corrisponda all’acquirente un importo predefinito o parametrato al danno subito. Si tratta di obbligazioni autonome, distinte dal sinallagma principale, con natura risarcitoria.
Dal punto di vista fiscale, la differenza non è secondaria. Le rettifiche di prezzo derivanti da clausole di aggiustamento sono rilevanti sia per il cedente sia per il cessionario. In particolare, una riduzione ex post del prezzo impatta sul valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione ai fini del calcolo della plusvalenza e può determinare la necessità di riliquidazioni o variazioni in dichiarazione. Nei piani di acquisizione cross-border, la gestione dell’aggiustamento deve inoltre tenere conto delle regole del transfer pricing e delle convenzioni contro le doppie imposizioni.
Le somme corrisposte in esecuzione di una clausola di indennizzo, invece, assumono la natura di risarcimenti per danni patrimoniali e seguono regole differenti. Per il venditore, tali somme non costituiscono reddito imponibile, mentre per l’acquirente possono rappresentare componenti negativi deducibili se correlate a componenti positivi precedentemente tassati. È quindi fondamentale che la formulazione contrattuale distingua con precisione tra le due tipologie di clausole, evitando ambiguità che possano generare contenziosi fiscali.
Esempio n. 1. Un fondo italiano acquisisce il 100% di una società target attiva nella logistica. Il contratto prevede un prezzo di 12 milioni, da rettificare sulla base del capitale circolante netto al 31 dicembre. Il valore effettivo rilevato al closing è inferiore alle stime, per effetto di crediti inesigibili non contabilizzati. Il meccanismo di completion accounts consente una riduzione del prezzo di 800.000 euro. La somma non viene considerata un indennizzo ma una rettifica contrattuale e modifica la base imponibile della plusvalenza per il venditore.
Esempio n. 2. Un’impresa industriale acquista una partecipazione di maggioranza in una società manifatturiera. Durante la due diligence emerge un contenzioso ambientale latente per cui non è possibile stimare il rischio in bilancio. Viene quindi inserita una clausola di indennizzo: se entro tre anni l’autorità competente irrogherà sanzioni superiori a 200.000 euro, il venditore si impegna a risarcire integralmente l’acquirente. L’indennizzo, attivato al verificarsi dell’evento, non incide sul prezzo ma costituisce un’obbligazione accessoria e fiscalmente distinta.
La distinzione strutturale tra queste clausole non è solo teorica. Sul piano operativo, implica scelte redazionali precise: definizione dei parametri, procedure di verifica, criteri di valutazione, meccanismi di risoluzione delle controversie. Sul piano fiscale, richiede un coordinamento tra consulenti legali e tributari per garantire coerenza e tenuta in sede di controllo. In contesti internazionali, ciò assume rilievo strategico: errori di qualificazione possono comportare doppie imposizioni o perdita di benefici convenzionali.
Affidarsi a uno studio multidisciplinare con esperienza diretta nella strutturazione di contratti di acquisizione consente di anticipare i profili critici, bilanciare le posizioni delle parti e ridurre l’incidenza fiscale complessiva dell’operazione. Per il venditore, significa evitare rettifiche inattese e contenere la responsabilità post-closing. Per l’acquirente, si traduce in una tutela concreta del valore effettivamente acquisito.