L’interpello 118/2025 dell’Agenzia delle Entrate torna su un tema complesso quanto rilevante: la gestione fiscale dei compensi professionali percepiti dagli eredi dopo la morte del professionista, in particolare quando la partita Iva del de cuius risulti già chiusa. Il quesito, di frequente riscontro nella prassi di studi professionali e consulenti, tocca profili giuridici, operativi e strategici che richiedono una gestione lucida e conforme alla normativa per evitare sanzioni.
Continuità dell’attività professionale post mortem: una finzione giuridica necessaria
Secondo la consolidata prassi (circolare 11/E/2007, risoluzione 232/E/2009) e la giurisprudenza (Cass. 8059/2016), l’attività del professionista defunto non si considera cessata fino all’esaurimento delle operazioni pendenti. Questo principio trova oggi una ulteriore conferma nella risposta n. 118 del 22 aprile 2025, che chiarisce le modalità con cui gli eredi devono emettere fattura per incassi sopraggiunti dopo il decesso.
Come deve agire l’erede: fatturazione e riapertura della partita Iva
In presenza di compensi professionali da incassare:
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L’erede deve emettere fattura intestata al de cuius.
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Deve richiedere la riattivazione della partita Iva del professionista deceduto, affinché il documento fiscale sia valido.
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L’onere fiscale (Iva) rimane in capo all’erede, che subentra negli obblighi dichiarativi relativi al periodo d’imposta.
Tale impostazione si fonda sull’articolo 35-bis del Dpr 633/1972, che prevede la possibilità di riattivare la partita Iva per la gestione delle operazioni residue.
Il ruolo del committente: nessuna autofattura, ma obbligo di segnalazione
La posizione dell’altra parte contrattuale è chiara:
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Non è tenuta ad emettere autofattura (come previsto dall’interpello 52/2020, ora superato).
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In caso di inazione da parte dell’erede, deve comunicare l’omessa fatturazione all’Agenzia delle Entrate, tramite SDI con documento TD29, entro 90 giorni dal momento in cui la fattura avrebbe dovuto essere emessa.
Tale obbligo deriva dal nuovo assetto dell’articolo 6, comma 8, del Dlgs 471/1997, come riformato dal Dlgs 87/2024 (articolo 2, comma 1, lettera d), n. 7), in vigore dal 1° aprile 2025.
Due esempi concreti
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Lo studio legale individuale: un avvocato deceduto lascia parcelle da incassare. L’erede, in assenza di una riattivazione della partita Iva, riceve comunque un pagamento da un cliente. Il cliente, trascorsi 90 giorni senza fattura, invia all’Agenzia la segnalazione tramite TD29. Il rischio è un doppio profilo sanzionatorio: per l’erede (omessa fatturazione) e per l’inadempienza procedurale del committente.
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Il caso del commercialista: lo studio percepisce un compenso per un’attività fiscale svolta nel 2024 ma incassata nel 2025, a professionista deceduto. Gli eredi si attivano: riaprono la partita Iva, emettono fattura e gestiscono gli adempimenti con il supporto del loro consulente. Nessun rischio fiscale e piena regolarità documentale.
Implicazioni operative e strategiche
Per gli eredi, il tema non è solo fiscale, ma anche organizzativo. Ignorare questi obblighi può comportare:
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Sanzioni per omessa fatturazione
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Rischi nei rapporti con clienti e studi associati
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Ostacoli nella gestione della successione patrimoniale e fiscale
Affidarsi a uno studio esperto come Beneggi e Associati permette di pianificare in anticipo la gestione delle attività residue e attuare tutte le misure necessarie in caso di successione professionale. L’approccio multidisciplinare e strategico consente di evitare errori, proteggere il valore generato e supportare gli eredi in un momento delicato sotto il profilo umano e gestionale.