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Contratto di lavoro a chiamata, restano la comunicazione e il tetto

 

Chi ricorre al contratto di lavoro a chiamata deve comunicare preventivamente la durata della prestazione lavorativa e rispettare il vincolo di utilizzo per un massimo di 400 giornate nel triennio (salvo alcuni settori).

 

Il lavoro intermittente può essere utilizzato – per ciascun lavoratore con lo stesso datore di lavoro – fino a 400 giornate di effettivo lavoro «nell’arco di tre anni solari», tranne che per turismo, pubblici esercizi e spettacolo.

 

Il datore deve fornire tutte le informazioni indicate dall’articolo 1 del Dlgs 152/1997, come riformato dal Dlgs 104/2022:

 

  • La prima novità è l’obbligo di indicare «la natura variabile della programmazione» e «l’ammontare delle eventuali ore garantite al lavoratore e della retribuzione dovuta per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite nonché la relativa indennità di disponibilità, ove prevista».
  • È stata inoltre riformata la modalità con la quale effettuare la chiamata per richiedere la prestazione lavorativa: è possibile disciplinare termini di preavviso ridotti, senza un limite minimo previsto, purché nel contratto sia disciplinata la forma e la modalità con cui il datore di lavoro può esercitarlo.
  • L’ultimo elemento di novità è quello introdotto con la lettera g), comma 1, dell’articolo 15 del Dlgs 81/2015, che prevede l’indicazione delle «eventuali fasce orarie» e dei «giorni predeterminati in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative».

 

Se al lavoratore intermittente non saranno fornite all’interno del contratto le informazioni sulla programmazione dell’orario di lavoro, queste dovranno comunque essere comunicate nell’informativa generale. Se, infatti, si ricadesse nell’ipotesi di un orario interamente o in gran parte non soggetto a prevedibilità, la mancanza delle condizioni minime richieste dall’articolo 9 (ore e giorni di riferimento predeterminati, ragionevole periodo di preavviso) consentirebbe al lavoratore di rifiutare legittimamente di rendere la prestazione lavorativa richiesta, senza alcuna conseguenza anche sotto il profilo disciplinare.

 

La comunicazione obbligatoria preventiva va effettuata usando il modello «Uni-Intermittente», che contiene i dati identificativi del lavoratore, quelli del datore di lavoro, la data di inizio e di fine della chiamata, all’interno di un periodo massimo di trenta giorni. Se il datore conosce la programmazione dell’attività lavorativa, può effettuare la comunicazione con riferimento a un ciclo integrato di attività non superiore a 30 giorni: possono essere disposte comunicazioni che prendano in considerazione archi temporali anche molto ampi purché, all’interno di questi, i periodi di prestazione non superino i 30 giorni per ciascun lavoratore.

 

I dati devono coincidere con le informazioni contenute nel contratto individuale di lavoro a chiamata o nell’informativa sulle condizioni di lavoro da allegare al contratto, in base al decreto Trasparenza: se intervengono variazioni dell’orario di lavoro rispetto a quello già comunicato, il datore di lavoro dovrà rendere una nuova informativa (purché le variazioni incidano in maniera strutturale o per un lasso temporale significativo). Il lavoratore va informato entro il primo giorno di decorrenza delle modifiche.

 

 

Per chi viola gli obblighi di comunicazione anticipata si applica la sanzione da 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione, senza poter applicare la diffida.

 

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