Per le piccole e medie imprese italiane, l’espansione dell’e-commerce e delle vendite dirette all’estero rappresenta una leva strategica di crescita. Tuttavia, le nuove misure sui dazi statunitensi e l’introduzione dello sdoganamento centralizzato europeo cambiano radicalmente lo scenario competitivo. Comprendere i rischi e le opportunità legate alla corretta gestione doganale non è più solo una questione tecnica, ma un fattore critico di sostenibilità e competitività.
La “tagliola” dei dazi Usa
Con l’introduzione di un dazio del 15% sui beni importati negli Stati Uniti, le PMI italiane si trovano di fronte a una sfida che varia in base alla tipologia di prodotto:
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Prodotti di nicchia e alta qualità: i margini possono essere difesi puntando sulla ricerca della qualità e sul riconoscimento di un premium price da parte del cliente;
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Beni di largo consumo: la pressione competitiva, unita al costo logistico e all’aggravio di tariffe per le merci provenienti dal Far East, rende difficile trasferire l’onere al consumatore finale.
Un aspetto cruciale riguarda il modello di vendita. Nelle vendite dirette tramite e-commerce o piattaforme digitali, gli oneri doganali ricadono spesso sul cliente. Diversamente, in caso di contratti strutturati con grandi catene, è l’impresa italiana a dover gestire in prima persona le procedure di importazione, con conseguenti rischi e costi aggiuntivi.
Esempio pratico: un produttore italiano di vino di fascia alta che vende direttamente a consumatori americani tramite piattaforma online può trasferire al cliente l’onere doganale. Un’azienda manifatturiera che fornisce componentistica industriale a un grande gruppo statunitense deve invece occuparsi direttamente del pagamento del dazio e della gestione logistica.
Integrazione di filiera e canali di vendita
Le PMI più esposte sono quelle che importano beni intermedi da Paesi terzi (ad esempio l’Estremo Oriente) per poi riesportarli, parzialmente trasformati, verso gli Stati Uniti. In questo caso, oltre ai dazi Usa, si sommano costi logistici e complessità contrattuali che possono ridurre drasticamente i margini.
Una leva strategica è rappresentata dall’integrazione digitale di filiera, che consente di ridurre errori, duplicazioni e tempi di gestione, rafforzando la capacità di presidiare la catena logistica e contrattuale.
Lo sdoganamento centralizzato europeo
In ambito UE, il Codice doganale dell’Unione (CDU) introduce la procedura di sdoganamento centralizzato, che consente di presentare una dichiarazione doganale presso l’ufficio del Paese in cui è stabilito l’importatore, anche se le merci transitano da un altro Stato membro.
Secondo la circolare ADM 19/2025, questo istituto offre vantaggi rilevanti in termini di:
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semplificazione documentale;
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riduzione dei tempi di sdoganamento;
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possibilità di instaurare un rapporto diretto con un solo ufficio doganale di riferimento, soprattutto per imprese qualificate come AEO (Authorized Economic Operator).
Esempio pratico: una PMI lombarda che importa componentistica elettronica dai porti di Rotterdam e Amburgo, ma con sede fiscale e gestionale in Italia, potrà sdoganare tutta la merce direttamente presso l’ufficio doganale italiano, riducendo costi e rischi di disallineamenti tra più giurisdizioni.
L’internazionalizzazione via e-commerce e vendite dirette non è più solo questione di canali commerciali, ma di gestione proattiva dei rischi doganali. PMI che sapranno integrare logistica, compliance e pianificazione fiscale avranno un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti che si limitano a subire dazi e procedure.
Beneggi & Associati assiste le PMI nella valutazione dell’impatto dei dazi, nella gestione dei contratti internazionali e nell’implementazione delle procedure di sdoganamento più efficienti.
Scegliere un approccio consulenziale integrato significa trasformare la compliance doganale in un’opportunità strategica di crescita sui mercati esteri.
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