Nel contesto attuale del mercato del lavoro, sempre più orientato alla flessibilità e all’adattabilità organizzativa, il contratto di lavoro intermittente – o a chiamata – rappresenta una delle leve operative più utili per gestire esigenze produttive non continuative. Tuttavia, la sua disciplina impone un rigoroso rispetto delle condizioni normative, pena la conversione automatica del contratto a tempo indeterminato.
Definito dagli articoli 13-18 del D.Lgs. 81/2015, il lavoro intermittente consente al datore di lavoro di attivare la prestazione del dipendente solo quando necessario, secondo le forme e i limiti previsti. Si distingue dal part-time perché non garantisce al lavoratore la certezza della prestazione, e può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato. Il rapporto è caratterizzato da un’alternanza tra periodi di inattività e attività lavorativa, con una gestione che richiede precisi adempimenti formali.
Le due forme: con o senza disponibilità
Il contratto può essere strutturato:
- Con obbligo di disponibilità: il lavoratore si impegna a rispondere alle chiamate e riceve un’indennità di disponibilità (minimo 20% della retribuzione mensile di riferimento);
- Senza obbligo di disponibilità: il lavoratore può rifiutare la prestazione e non percepisce alcuna indennità, ricevendo solo quanto spettante per l’effettivo lavoro svolto.
Requisiti per la stipula: soggettivi o oggettivi
La legittimità del contratto è subordinata alla presenza di almeno uno dei seguenti requisiti, alternativi:
- Oggettivi: attività a carattere discontinuo (es. camerieri, magazzinieri, custodi) elencate nel Regio Decreto 2657/1923 e nel DM 23 ottobre 2004;
- Soggettivi: lavoratori under 24 (prestazione fino a 25 anni non compiuti) o over 55.
La Cassazione (sent. n. 22086/2023) ha chiarito che la mancanza del requisito oggettivo non impedisce la validità del contratto se sussiste quello soggettivo.
Comunicazioni obbligatorie e limiti operativi
Tra gli obblighi principali del datore di lavoro:
- Forma scritta ad probationem del contratto;
- Comunicazione preventiva di inizio prestazione all’ITL tramite PEC, portale Cliclavoro o SMS (entro le 12 ore);
- Rispetto del preavviso minimo di 1 giorno (art. 15 D.Lgs. 81/2015);
- Informativa annuale a RSU o RSA sull’utilizzo del lavoro intermittente.
Il lavoratore non può superare 400 giornate di effettivo lavoro in 3 anni solari per lo stesso datore. Il superamento comporta la conversione del contratto a tempo indeterminato. Sono escluse da tale limite le aziende del turismo, pubblici esercizi e spettacolo (interpello Min. Lav. 26/2014).
Trattamento economico e indennità
Durante i periodi lavorati, il lavoratore intermittente ha diritto a una retribuzione proporzionata alle ore/giornate svolte, comprensiva di:
- ferie, permessi, tredicesima e quattordicesima (in forma anticipata);
- TFR secondo le regole ordinarie;
- trattamento pari ai lavoratori di pari livello.
L’indennità di disponibilità non è inclusa nel TFR o nelle mensilità aggiuntive, ma è soggetta a contribuzione INPS e consente l’accesso a NASpI, malattia e maternità. Il rifiuto ingiustificato della chiamata comporta:
- licenziamento;
- o restituzione della quota di indennità (art. 16, c. 5, D.Lgs. 81/2015).
Regime sanzionatorio
Le violazioni più comuni prevedono:
- Stipula senza requisiti soggettivi/oggettivi: conversione a tempo indeterminato;
- Superamento 400 giornate: conversione automatica;
- Mancata comunicazione preventiva all’ITL: sanzione da 400 a 2.400 euro per ogni lavoratore;
- Assenza DVR: nullità del contratto e conversione.
Effetto dell’abrogazione del Regio Decreto 2657/1923
Con l’abrogazione formale del R.D. 2657/1923 (Legge 56/2025, art. 1), era emerso il dubbio circa la validità delle attività ivi elencate ai fini del lavoro a chiamata. Il Ministero del Lavoro e l’Ispettorato nazionale hanno chiarito (nota Min. Lav. 27/08/2025 n. 15) che tale rinvio è da intendersi meramente materiale, e che l’elenco resta valido.
In un contesto normativo così articolato, stipulare un contratto di lavoro intermittente richiede una valutazione preventiva sulle esigenze aziendali, sull’inquadramento delle mansioni, sull’età e disponibilità del lavoratore. Una gestione formale e sostanziale non conforme comporta rischi elevati e sanzioni automatiche.
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