Nel contesto attuale, caratterizzato da una crescente attenzione verso la sostenibilità, le aziende si trovano di fronte alla sfida di integrare pratiche sostenibili non solo per una questione di responsabilità sociale, ma anche per influenzare positivamente il proprio rating bancario. Le banche, infatti, stanno sempre più considerando i fattori Esg (Environmental, Social, Governance) nella valutazione del merito creditizio delle imprese.
La tendenza emergente è quella di una stretta correlazione tra la sostenibilità di un’azienda e le sue opportunità di accesso al credito. Le banche, attraverso questionari e metodologie di valutazione, stanno raccogliendo dati Esg per determinare il rating delle aziende, influenzando così le condizioni e i costi dei finanziamenti. Questo processo evidenzia come la sostenibilità stia diventando un criterio chiave nella valutazione del rischio e nella decisione di erogazione del credito.
In questo scenario, la rendicontazione di sostenibilità, che fino a poco tempo fa era considerata una pratica volontaria o riservata alle grandi aziende, sta assumendo un ruolo sempre più rilevante anche per le piccole e medie imprese (Pmi). L’analisi di InfoCamere ha rivelato che i rendiconti di sostenibilità delle aziende italiane sono raddoppiati negli ultimi tre anni, con un significativo contributo proveniente dalle Pmi.
La direttiva europea 2022/2464 prevede un’estensione graduale dei soggetti tenuti a redigere il rendiconto di sostenibilità, partendo nel 2024 con le aziende di interesse pubblico rilevanti e arrivando a coinvolgere dal 2026 le Pmi quotate. Tuttavia, molte Pmi hanno già iniziato a preparare questi rendiconti su base volontaria, anticipando l’obbligo normativo e riconoscendo i benefici in termini di accesso al credito e di rapporti con i committenti.