Gli incentivi fiscali destinati ai lavoratori impatriati, previsti dall’articolo 16 del Dlgs 147/2015, interessano una platea sempre più ampia di soggetti. Il motivo si ritrova sicuramente nella portata del beneficio, che arriva a escludere dalla tassazione Irpef il 90% dei redditi di lavoro dipendente e assimilati, di lavoro autonomo o d’impresa, prodotti in Italia in caso di trasferimento del lavoratore in una delle regioni del Mezzogiorno. Si ritrova anche nella semplificazione dei requisiti di accesso, nella possibilità di svolgere l’attività “da remoto” o alle dipendenze di un datore di lavoro estero e nell’estensione della durata temporale dei benefici, che può arrivare fino a dieci anni.
Le situazioni che possono emergere sono tuttavia differenti e devono essere affrontate in modo distinto, sia dai lavoratori e sia dalle imprese, per evitare errori che possono portare al disconoscimento dei benefici.
Trasferimento in Italia nel 2022: In base all’articolo 16, comma 1, del Dlgs 147/2015, possono fruire dell’agevolazione i lavoratori che:
- non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegnano a restare in Italia per almeno due anni;
- prestano la propria attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Condizione primaria per beneficiare dell’incentivo nel 2022 è acquisire la residenza fiscale ex articolo 2 del Tuir entro il 2 luglio prossimo. Viste le limitazioni agli spostamenti causate dal Covid-19, è altresì fondamentale accertarsi che il richiedente non sia stato residente in Italia nel 2020 e nel 2021, ossia negli anni di osservazione del requisito della residenza estera. Quindi, anche nel caso di iscrizione all’Aire, è opportuno escludere che il beneficiario abbia avuto in Italia il domicilio o la residenza per la maggior parte del periodo d’imposta. I criteri fissati dall’articolo 2 del Tuir valgono anche per i trasferimenti di residenza dalla Germania o dalla Svizzera a prescindere dalla presenza del criterio dello split year previsto nelle rispettive convenzioni con l’Italia.
Trasferimento a fine 2021: Coloro che si sono trasferiti in Italia nella seconda metà dello scorso anno accedono ai benefici fiscali dal 2022. A tal fine devono presentare una richiesta scritta al datore di lavoro, affinché questi possa procedere a effettuare le ritenute su una base imponibile ridotta, in sede dei pagamenti periodici. Tali soggetti, inoltre, dovranno gestire la fiscalità del 2021 – ultimo anno di residenza all’estero – inquadrando correttamente i redditi percepiti ante e post trasferimento in Italia anche alla luce delle previsioni convenzionali.
Da dipendente ad autonomo: L’Agenzia ha chiarito che i benefici non si perdono in caso di iniziale avvio di un lavoro dipendente e successivo passaggio a un lavoro autonomo, e viceversa. In questi casi, cambierà però la modalità di fruizione, in quanto per il lavoro autonomo l’incentivo andrà applicato nella dichiarazione dei redditi, con conseguente differimento temporale dei relativi effetti rispetto all’applicazione in busta paga. Per contenere gli effetti dello slittamento in avanti, gli autonomi possono richiedere ai committenti di applicare la ritenuta del 20% ex articolo 25 del Dpr 600/73 sull’imponibile ridotto nella misura di legge.
Estensione del beneficio: Il comma 3-bis dell’articolo 16 del Dlgs 147/2015 estende l’incentivo per ulteriori cinque periodi di imposta in presenza di almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo, o di possesso di un’abitazione in Italia. Per la risposta 854/2021 l’estensione può essere richiesta alla fine del primo quinquennio di fruizione degli incentivi, senza possibilità di anticipo. Pertanto, può essere esercitata dal 1° gennaio al 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo quinquennio agevolato. La legge di Bilancio 2021 ha previsto che tale facoltà è concessa anche a coloro che si sono trasferiti in Italia prima del 2020, erano stati iscritti all’Aire e risultavano beneficiari del regime degli impatriati a fine 2019. Ma dietro versamento, a seconda dei casi, di un importo una tantum pari al 10% o al 5% dei redditi prodotti nell’anno precedente alla richiesta. I lavoratori rientrati nel 2017, che hanno concluso il quinquennio nel 2021, dovranno dunque attivarsi entro il prossimo 30 giugno. La stessa facoltà è stata prevista dalla legge di Bilancio 2022 anche per ricercatori e docenti: ma si attende ancora il provvedimento attuativo.
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