Il decreto-legge 131/2024, noto come “decreto salvainfrazioni”, ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina del risarcimento per l’utilizzo illegittimo di contratti a termine successivi. Le novità, entrate in vigore il 16 settembre 2024, toccano sia il settore pubblico che quello privato, con alcune differenze sostanziali.
Modifiche per il settore pubblico
Per il lavoro pubblico, il decreto ha modificato l’articolo 36 del d.lgs. 165/2001, incrementando l’indennità risarcitoria spettante ai lavoratori che hanno subito un abuso di contratti a termine. La nuova indennità forfettaria è ora compresa tra quattro e ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione del lavoratore. Il giudice, per quantificare l’indennità, dovrà tenere conto della gravità della violazione, del numero di contratti a termine stipulati e della durata complessiva del rapporto di lavoro. Inoltre, il lavoratore ha la facoltà di provare un maggior danno subito rispetto all’indennità forfettaria.
Modifiche per il settore privato
Per quanto riguarda il lavoro privato, il decreto non ha cambiato la misura dell’indennità risarcitoria prevista dall’articolo 28 del d.lgs. 81/2015, che rimane fissata tra 2,5 e 12 mensilità. Tuttavia, è stata introdotta una nuova disposizione: il giudice può ora riconoscere un’indennità maggiore se il lavoratore dimostra di aver subito un danno superiore.
Inoltre, il decreto ha abrogato il terzo comma dell’articolo 28, eliminando la possibilità di ridurre l’indennità risarcitoria in caso di accordi sindacali di stabilizzazione. Questi accordi permettevano l’assunzione a tempo determinato o indeterminato di lavoratori già impiegati con contratti a termine, ma non possono più essere utilizzati per ridurre l’entità del risarcimento.
Implicazioni e dubbi interpretativi
Le modifiche introdotte nel settore privato hanno suscitato alcune perplessità. La normativa nazionale già prevede, oltre all’indennità risarcitoria, il diritto alla conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, considerato dalla Corte Costituzionale una misura efficace per dissuadere l’abuso di contratti a termine (sentenza n. 303/2011). La reintroduzione della possibilità per il lavoratore di dimostrare un danno maggiore potrebbe portare a richieste di risarcimento più elevate, anche nel caso in cui il rapporto sia già stato convertito.
C’è il rischio che si possa tornare a situazioni in cui i lavoratori ritardano l’avvio dell’azione legale per far crescere l’entità del risarcimento, creando incertezza giuridica.
Motivazioni del decreto
Il decreto è stato emanato per rispondere a procedure di infrazione pendenti nei confronti dell’Italia, in particolare la procedura n. 2014/4231 avviata dalla Commissione Europea. Tuttavia, queste procedure riguardavano principalmente il settore pubblico, come insegnanti e personale sanitario, e non direttamente il settore privato. Di conseguenza, l’estensione delle modifiche normative anche al lavoro privato solleva dubbi sull’effettiva necessità di tale intervento.