Il trattamento fiscale della cessione di opere d’arte non trova specifica disciplina nel Tuir ed è oggetto di un ampio contenzioso, che si incentra sull’eventuale rilevanza impositiva delle cessioni e sull’individuazione della più appropriata categoria di reddito.
È necessario fare una distinzione preliminare tra chi svolge in modo professionale l’intermediazione nella circolazione di opere d’arte e chi coltiva la passione per l’arte collezionando – e talvolta scambiando – alcune opere (il collezionista), senza tralasciare la figura “intermedia” dello speculatore occasionale. A queste tipologie corrispondono diverse categorie reddituali.
Il mercante d’arte: sono produttive di reddito d’impresa le attività indicate nell’articolo 2195 del Codice civile (tra cui l’intermediazione dei beni), se esercitate in modo professionale e abituale, ancorché non esclusivo, e anche se non organizzate in forma d’impresa; produce reddito d’impresa l’intermediazione di opere d’arte esercitata in modo professionale e non occasionale, indipendentemente dall’esistenza di un’organizzazione. Ciò può verificarsi anche in occasione della conclusione di un unico affare, qualora esso presenti una notevole rilevanza economica e, soprattutto, implichi il compimento di più atti prodromici.
Il collezionista: acquista le opere per soddisfare il proprio personale bisogno di appagamento estetico, e non per finalità di lucro; le cessioni del collezionista – purché isolate e sporadiche, dovute magari all’esigenza di reperire risorse finanziarie per far fronte a una situazione contingente – costituiscono delle mere dismissioni patrimoniali di beni personali che, tenuto conto dell’impostazione casistica del vigente Testo unico, non sono imponibili.
Lo speculatore occasionale: in maniera episodica, magari come forma di autofinanziamento del proprio hobby, decide di acquistare e cedere un’opera d’arte per trarne profitto. Per poter ricondurre a tale categoria reddituale occorre una valutazione caso per caso.
La distinzione tra le tre figure non può che dipendere da un approccio casistico, che consideri le modalità oggettive in cui si estrinseca l’attività di vendita e, solo su un piano indiziario, l’animus del cedente.
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