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Parzialmente imponibile l’indennità di trasferta per chi lavora sempre fuori sede

 

L’indennità di trasferta ai dipendenti di imprese edili addetti ai cantieri ha natura mista ed è compito del giudice del merito l’individuazione delle due componenti

 

Sono pienamente imponibili e quindi soggette a ritenuta l’indennità di trasferta e il rimborso chilometrico riconosciuti a chi lavora sempre fuori sede: l’agevolazione prevista dall’art. 51, comma quinto, del TUIR è prevista soltanto quando si configura un mutamento temporaneo fra il luogo di assunzione e quello in cui viene eseguita la prestazione. Non si possono dunque ritenere interamente retributivi i compensi corrisposti dall’impresa edile ai dipendenti cantieristi.

 

La prestazione lavorativa in situazione di trasferta comporta un maggior disagio, che deve essere appositamente compensato, sicché la relativa indennità generalmente ha una duplice funzione, risarcitoria o meglio restitutoria delle maggiori spese sopportate nell’interesse del datore di lavoro, e retributiva del maggior disagio, con principio applicabile anche ai dipendenti cantieristi dell’impresa edile: l’individuazione delle due componenti, restitutoria e retributiva, è compito del giudice del merito, il quale non è vincolato dal nomen iuris usato dal contratto collettivo o dalle parti.

 

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito da tempo hanno che il nesso di corrispettività esistente tra l’obbligazione di prestare la propria attività lavorativa e quella relativa alla retribuzione assume una connotazione particolare, rispetto alla corrispettività propria dei contratti di scambio, in quanto deve tenersi conto dell’implicazione della persona del lavoratore nell’adempimento dell’obbligazione di lavorare e della funzione che, di conseguenza, la retribuzione assolve quale mezzo di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia. Sicché la retribuzione non costituisce soltanto il corrispettivo della effettiva prestazione di lavoro, ma compensa piuttosto l’impegno complessivo e personale assunto da chi si obbliga a lavorare alle dipendenze e nell’interesse altrui. D’altronde, il prestatore riceve un’indennità sostitutiva quando non lavora per malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, oltre che per i permessi previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, nei casi di riduzione dell’orario di lavoro o di sospensione temporanea del lavoro, determinate dalla crisi dell’azienda presso la quale il lavoratore presta servizio o da processi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione dell’azienda stessa. In sostanza, rientrano nella retribuzione tutti gli importi riconducibili a obbligazioni pecuniarie imposte al datore da leggi o convenzioni e trovano origine e titolo nel contratto di lavoro. Pertanto, rientrano nel concetto di retribuzione non solo gli emolumenti corrisposti in funzione dell’esercizio dell’attività lavorativa, ma anche tutti gli importi che, pur senza trovare riscontro in una precisa prestazione lavorativa, costituiscono adempimento di obbligazioni pecuniarie imposte al datore di lavoro da leggi o da convenzioni nel corso del rapporto ed hanno origine e titolo nel contratto di lavoro. Inoltre, la retribuzione deve essere commisurata non solo al risultato produttivo ed al tempo impiegato, ma altresì alle condizioni soggettive ed oggettive in cui tale risultato si consegue.

 

Con specifico riguardo all’argomento qui in esame della prestazione lavorativa in situazione di trasferta, la giurisprudenza di legittimità ritiene ancora che normalmente essa comporta un maggior disagio, che deve essere appositamente compensato, sicché la relativa indennità generalmente ha una duplice unzione:

  1. risarcitoria o meglio restitutoria delle maggiori spese sopportate nell’interesse del datore di lavoro,
  2. e retributiva del maggior disagio.

 

La Cassazione sottolinea che i sopra citati principi elaborati in materia di indennità di trasferta dalla giurisprudenza, vanno applicati anche ai dipendenti cantieristi, mentre la sentenza impugnata ha completamente disatteso la funzione in concreto svolta dall’indennità di trasferta in esame, e sulla sua correlazione con la necessità di adibire i lavoratori in sede lontana da quella della società datrice di lavoro.

 

L’individuazione delle due componenti, restitutoria e retributiva, è compito del giudice del merito, che non è vincolato a tal fine dal nomen juris usato dal contratto collettivo o dalle parti.

 

In conclusione, rigettata la tesi della totale esclusione da IRPEF, seguita invece dal giudice di merito che parte del relativo compenso inserito in busta paga avesse natura risarcitoria e quindi esclusa dall’imponibile fiscale, le indennità per trasferte ai “cantieristi” hanno natura mista, risarcitoria (non imponibile) e retributiva (tassabile).

 

Per completezza, si aggiunge che con il termine “trasferta” non si intende un semplice spostamento, ma il cambiamento temporaneo del luogo in cui il lavoratore deve svolgere la propria prestazione. La trasferta non deve essere confusa con il trasferimento: il dipendente in trasferta, infatti, ha la certezza di rientrare nella sede di lavoro originaria, mentre il lavoratore trasferito è spostato definitivamente di sede. C’è poi il trasfertista, obbligato, da contratto, a svolgere la propria attività in sedi di lavoro sempre diverse. In particolare, l’indennità di trasferta è una somma di denaro che viene pagata in busta paga al lavoratore, insieme oppure al posto del rimborso spese, in caso di temporaneo spostamento dell’attività lavorativa presso altra sede lontana dalla propria abitazione. Lo scopo dell’indennità di trasferta è quello di risarcire il lavoratore dei disagi conseguenti allo spostamento della sede di lavoro, rimborsandolo delle spese concrete. Rimborso che verrà erogato direttamente in busta paga, al netto della tassazione prevista. L’importo dell’indennità di trasferta, detta anche ”diaria” è stabilito nel proprio CCNL di riferimento e può essere un importo fisso oppure in percentuale alla propria retribuzione. L’indennità di trasferta è esente da IRPEF e contributi INPS entro determinati limiti:

  • per le trasferte nazionali, per 46,48 euro al giorno;
  • per le trasferte all’estero, per 77,46 euro al giorno.

Ciò significa che, se l’indennità è di importo superiore a queste soglie, le tasse e i contributi INPS si calcoleranno solo sulla soglia eccedente i limiti. Ad esempio: se la trasferta é in Italia e la diaria riconosciuta é pari a 80 euro al giorno, 46,48 euro saranno esenti, ai restanti 33,52 si applicherà l’ordinaria tassazione IRPEF. Se contestualmente viene riconosciuta, oltre alla diaria, anche il rimborso per spese di vitto e alloggio, i limiti per la tassazione sull’indennità di trasferta sono ridotti a:

  • 30,89 euro per le trasferte nazionali;
  • 51,64 euro per le trasferte all’estero.

I rimborsi per vitto e alloggio sono totalmente esenti, sempre, sia per trasferte nazionali che all’estero. Se contestualmente alla diaria e al rimborso per vitto e alloggio, viene riconosciuto anche il rimborso totale a pié di lista dei costi sostenuti, i limiti per la tassazione dell’indennità di trasferta sono ulteriormente ridotti e pari a:

  • 15,49 euro per le trasferte nazionali;
  • 25,82 euro per le trasferte all’estero.

Il piè di lista è totalmente esentasse, sempre, sia per trasferte nazionali che all’estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito.

 

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