Prestazioni sanitarie rese da OSS a domicilio: quando l’Iva è obbligatoria e quando no

L’intervento dell’Agenzia delle Entrate con le risposte a interpello n. 163/2025 e 164/2025 introduce un chiarimento determinante per il mondo delle fondazioni, degli enti del Terzo settore e delle imprese sociali: non tutte le prestazioni domiciliari rese a soggetti fragili possono beneficiare di esenzioni o agevolazioni Iva. Il criterio distintivo non è il luogo della prestazione né il bisogno assistenziale dell’utente, ma la qualifica professionale del prestatore e la natura giuridica del soggetto erogante.

Il caso concreto: una fondazione e i suoi operatori

Una fondazione priva di scopo di lucro, operante nell’ambito dell’assistenza domiciliare, chiede chiarimenti sul regime Iva da applicare a due tipologie di prestazioni: da un lato, quelle rese da personale sanitario qualificato (medici, infermieri, fisioterapisti, psicologi); dall’altro, quelle rese da operatori sociosanitari (OSS).

L’Agenzia ribadisce che:

  • le prestazioni rese da professionisti abilitati e vigilati sono esenti Iva ex art. 10, n. 18) del D.P.R. 633/1972;

  • le attività degli OSS, pur di interesse sanitario, non sono esenti in quanto non svolte da soggetti iscritti in albi professionali. In tal caso si applica l’aliquota ordinaria del 22%.

Inoltre, l’Agenzia esclude anche l’applicazione dell’esenzione prevista dal n. 27-ter), chiarendo che la fondazione non può qualificarsi come ente avente “finalità di assistenza sociale”, essendo l’attività svolta integralmente sanitaria. Ne consegue che l’attività degli OSS è sempre soggetta a Iva, anche se svolta al domicilio dell’assistito.

Esempio pratico 1: gestione domiciliare di un paziente cronico

Una fondazione invia a domicilio di un anziano non autosufficiente una squadra composta da:

  • un fisioterapista per sedute riabilitative,

  • un OSS per igiene personale e somministrazione pasti.

Il fisioterapista, abilitato e iscritto all’albo, rientra nell’esenzione Iva. L’OSS no: le sue prestazioni, anche se a beneficio dello stesso soggetto fragile e all’interno del medesimo progetto, sono soggette a Iva al 22%.

Esempio pratico 2: confronto tra due soggetti erogatori

Una cooperativa sociale e una fondazione non commerciale forniscono la stessa assistenza domiciliare (OSS per anziani e disabili). La cooperativa, in quanto impresa sociale di diritto, applica Iva al 5%; la fondazione, non rientrando nel novero degli enti previsti dall’art. 10, n. 27-ter, deve applicare Iva al 22%. Un paradosso fiscale rilevante, soprattutto in fase di rendicontazione o partecipazione a bandi pubblici.

Il nodo dei contributi pubblici

Con la risposta a interpello n. 164/2025, l’Agenzia chiarisce un secondo punto chiave: i contributi pubblici erogati a una fondazione per finanziare attività istituzionali, anche in presenza di un legame tra ente erogante e fondazione beneficiaria, non rientrano nel campo Iva, poiché manca ogni forma di sinallagma (cioè obbligo di controprestazione). Ciò rafforza il principio per cui la mera partecipazione alla governance non trasforma un contributo in corrispettivo.

Implicazioni strategiche per gli enti

Questi chiarimenti impongono una riflessione organizzativa e fiscale per tutte le realtà del Terzo settore che operano con personale non sanitario. L’errata applicazione dell’esenzione può comportare rilievi, sanzioni e contenziosi.

Per le fondazioni, la pianificazione deve tener conto:

  • della qualifica del personale impiegato;

  • della struttura giuridica dell’ente;

  • del destinatario delle prestazioni.

Per le cooperative sociali, la conferma del beneficio Iva al 5% può rappresentare un vantaggio competitivo, ma anche una responsabilità in fase di documentazione e rendicontazione.

Per i contributi pubblici, la chiarezza sulla non imponibilità è rassicurante, ma richiede attenzione nella redazione delle convenzioni e nel tracciamento delle spese, onde evitare inquadramenti ambigui che potrebbero indurre l’Agenzia a rivedere l’interpretazione.

Affidarsi a consulenti in grado di cogliere le sfumature interpretative e normare correttamente le attività non è solo un’esigenza fiscale, ma una scelta di posizionamento. Lo Studio Beneggi e Associati, con il suo approccio trasversale e orientato alla strategia, supporta gli enti nell’adozione delle soluzioni più coerenti ed efficaci, prevenendo il rischio fiscale e valorizzando le opportunità operative.

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