Prestiti alle PMI, ecco l’alternativa alle banche

 

Mentre lo scenario legislativo legato ai prestiti alle PMI evolve e si accumulano le richieste di finanziamento da parte soprattutto di quelle imprese che hanno maggiormente accusato la crisi economica giunta a seguito della pandemia, il mondo fintech propone alcuni valide alternative, veloci, pratiche e di semplice accesso.

 

A circa due mesi dal varo del Decreto Liquidità, messo a punto dal governo per concedere la garanzia pubblica sui prestiti alle imprese italiane, la task force formata da MEF, MISE, Bankitalia, ABI, MCC e Sace ha riferito che era stata erogata una domanda su due tra quelle inviate dalle banche al Fondo di Garanzia per le Pmi. Si tratta dei finanziamenti fino a 25mila, un tetto massimo che dalle settimane successive è stato poi portato a 30mila euro. Quando il decreto è diventato legge infatti sono cambiate alcune caratteristiche dei prestiti alle PMI garantiti al 100% dal Fondo piccole e medie imprese e oltre all’importo massimo è stata modificata anche la durata, ora fino a 120 mesi mentre prima era 72 mesi. Le previsioni sono di una continua crescita delle richieste da parte delle PMI, che in questo quadro economico e legislativo di cui è complesso prevedere i prossimi passaggi, possono volgere lo sguardo verso altri strumenti di finanziamento e verso le offerte provenienti dal settore fintech che vanno incontro al loro urgente bisogno di liquidità.

 

Che sia per la ripresa dalla crisi economica dovuta alla pandemia di Covid-19 oppure per riequilibrare una struttura di finanziamento troppo sbilanciata verso le banche oppure, ancora, per diversificare le fonti di approvvigionamento, un’impresa oggi ha delle alternative valide e praticabili di fronte a sé per ottenere un prestito. Tra i canali complementari di finanziamento alle imprese ci sono ad esempio le obbligazioni corporate, tra cui anche i minibond. Le PMI possono infatti da qualche anno finanziarsi emettendo titoli obbligazionari sottoscritti da investitori istituzionali. Il capitale preso a prestito in questo modo viene restituito ai prestatori con cedole periodiche, il cui importo dipende dal rischio di credito dell’impresa. Si può optare anche per le obbligazioni convertibili che permettono al prestatore di passare dallo status di creditore a quello di socio, convertendo i titoli in partecipazioni al capitale sociale dell’impresa. Simili alle obbligazioni sono gli strumenti finanziari partecipativi, con cui il prestatore viene ripagato attraverso il diritto di partecipare agli utili senza però diventare socio.

 

Affianco a questi strumenti non bancari ma non certo innovativi, ci sono quelli proposti dal mondo fintech che si distinguono per rapidità e semplicità di erogazione dei prestiti alle PMI. Questo settore, che negli ultimi anni in Italia ha registrato un rapido sviluppo, ha colto fin da subito nel nostro Paese la mancanza di soluzioni agili e accessibili per le piccole e medie imprese, spesso escluse dai servizi di prestito più tradizionali, e non ha esitato a formulare risposte ai loro bisogni. La competizione tra i vari attori fintech emergenti sul mercato ha poi reso sempre più convenienti gli strumenti a disposizione delle imprese in cerca di liquidità, tra cui spiccano per efficacia il crowdlending e l’invoice trading.

 

Le piattaforme di crowdlending mettono in contatto le PMI richiedenti con un diversificato numero di prestatori, sia istituzionali che persone fisiche private, potendo in tal modo a dare una risposta veloce alla domanda di finanziamento e garantendo la massima trasparenza dei costi.

 

Le piattaforme di invoice trading sono invece lo strumento attraverso cui le imprese possono ottenere un anticipo sulle proprie fatture emesse e possono farlo senza dover rispettare limiti sull’importo e soprattutto senza che venga effettuata alcuna segnalazione alla Centrale dei Rischi. Questo aspetto è importante perché permette all’azienda un utilizzo alternativo del credito bancario ancora disponibile.

Con l’Invoice trading inoltre l’azienda cedente non deve assolutamente fornire alcuna garanzia ai cessionari rispetto alla propria situazione finanziaria, perché ciò che è rilevante in questo meccanismo non è il rischio di credito proprio della società che cede i crediti, ma quello dei soggetti debitori ceduti e la qualità del credito stesso.

 

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