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Professionista non deduce i costi per consulenze della società della moglie: la sentenza della CGT Piemonte

 

La deducibilità dei costi per prestazioni professionali è un tema molto delicato, soprattutto quando coinvolge familiari del contribuente. Una recente sentenza della Corte di Giustizia Tributaria del Piemonte (n. 387/2/2024) ha ribadito un importante principio in materia di elusione fiscale, chiarendo che l’uso di una società per dedurre costi relativi a prestazioni svolte dal coniuge può configurarsi come condotta abusiva.

Il caso trattato dai giudici piemontesi riguardava un professionista che aveva dedotto i costi per consulenze contabili fatturate da una società in accomandita semplice. La particolarità della situazione stava nel fatto che la socia accomandataria della società era la moglie del professionista, che deteneva il 99% delle quote societarie, mentre lo stesso contribuente ne possedeva l’1%.

L’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo, aveva emesso un avviso di accertamento contestando la deducibilità di tali costi. L’amministrazione finanziaria sosteneva che, dietro la costituzione della società, vi fosse l’unico intento di ottenere un vantaggio fiscale. La società, infatti, fungeva da mero veicolo per dedurre costi che sarebbero stati indeducibili se il rapporto fosse stato configurato come un impiego diretto del coniuge.

Il riferimento normativo fondamentale in questa vicenda è l’articolo 54, comma 6-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir). Tale norma prevede che i compensi corrisposti ai familiari del professionista — tra cui coniugi, figli, ascendenti, affidati o affiliati — per il lavoro prestato non siano deducibili dal reddito del professionista.

In questo contesto, la Corte ha evidenziato come il tentativo di “mascherare” un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione tra il professionista e la moglie attraverso l’uso di una società di comodo costituisse una violazione della normativa fiscale. Nonostante il veicolo societario, la sostanza del rapporto era quella di una prestazione lavorativa continuativa e essenziale resa dalla moglie al contribuente, configurando così una condotta elusiva.

La CGT Piemonte, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che non vi fossero valide ragioni economiche a supporto della costituzione della società. Di conseguenza, l’unico scopo della sua creazione era stato quello di aggirare il divieto di deducibilità previsto dall’articolo 54 del Tuir.

I giudici hanno sottolineato che la deducibilità dei costi non può essere ammessa quando la struttura societaria è utilizzata per snaturare la realtà dei fatti. In questo caso, l’attività di consulenza contabile resa dalla moglie del professionista doveva essere inquadrata come un vero e proprio contratto di lavoro o di collaborazione tra coniugi, e non come un rapporto commerciale tra il professionista e una terza società.

 

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